lunedì 25 agosto 2014

25 agosto 2014 - Per lo meno

Sono stanca. E' tardi.
Ho impiegato una vita a tornare dal centro.
Ho aspettato quasi un'ora alla fermata di Abbey Styreet Lower che passasse il mio autobus. 


In effetti ne sono passati diversi, di bus giusti, ma i primi due non si sono fermati. Forse perché erano già troppo pieni. Oggi c'era lo sciopero della mia amata DART, la linea ferroviaria urbana di Dublino, ed evidentemente tutti si sono riversati sui mezzi su gomma. Ma per lo meno il terzo autobus si è fermato, e io sono salita.

Mentre aspettavo, respirando tonnellate di gas di scarico, quattro o cinque gabbiani volteggiavano alti nel cielo, sopra di me, e mi guardavano sardonici. Per lo meno non mi hanno fatto la cacca addosso.

Oggi ha piovuto tutto il giorno.
Per lo meno non c'è stata la tempesta: la pioggia era leggera, ma di acqua e di freddo ne ho preso più che abbastanza. 
Pare che questo sia il tempo tipico, da queste parti. Ora mi spiego come mai così tanti irlandesi abbiano lasciato la Madrepatria: non per fame, ma per cercare un po' di sole. Questo credo io. 
Per lo meno, a Milano ogni tanto il cielo è azzurro.

Nel pomeriggio ho visitato Kilmainham Gaol, una prigione costruita alla fine del '700, che ha assolto la sua funzione fino agli anni '30. 


Inline image 1

Oltre ai criminali comuni - cioè, tanti disperati che magari avevano rubato un pezzo di pane per non morire - qui sono stati tenuti prigionieri e poi giustiziati molti eroi della Resistenza irlandese.


Per lo meno, alla fine l'Irlanda è diventata una Repubblica indipendente!

Per arrivarci, insieme alle mie amiche di Dublino ho preso un autobus.
Inna ha voluto salire al piano superiore.
Mentre salivo, ho avuto una visione chiara di me che scivolavo dalle scalette sulle mie stupide scarpe italiane sdrucciolevoli.
Mentre scendevo sono caduta davvero, e mi sono ritrovata col sedere a terra e le gambe lunghe distese, tipo marionetta di Pinocchio, in fondo alla rampa.
I dublinesi sono gentili: "Come stai? Cosa ti sei fatta?" hanno cominciato a chiedermi due signore sedute di fronte a me. 
Loro, per lo meno, erano sedute su sedili regolamentari.

In mattinata, abbiamo fatto lezione con un'insegnante nuova, che ha sostituito il nostro amato Diarmuid (qui per la pronuncia, se siete curiosi:  http://it.forvo.com/word/diarmuid/). 
Hanno accorpato noi, del corso superiore, ai ragazzi di quello inferiore, probabilmente perché questa settimana hanno meno studenti e vogliono risparmiare. La lezione è risultata piuttosto fiacca.
L'argomento di oggi è stato la felicità.

Io non ho voglia di chiedermi cosa sia la felicità.
Preferisco vivere giorno per giorno, senza pensare a cosa avrei desiderato nel passato e a cosa ho ottenuto.
Quindi, quando è toccato a me di parlare, ho detto un po' di sciocchezze a caso: la felicità è ascoltare Rossini, accarezzare un gatto, leggere un bel libro.
Per lo meno, se me lo avessero chiesto stasera, cos'è la felicità, avrei potuto rispondere con maggior precisione.

La felicità è cadere dalle scale in Irlanda e rendersi conto che non ti sei rotto niente.



Buona settimana!


Silvana

lunedì 18 agosto 2014

18 agosto 2014 - Ooooooh - ooooooooooooh!

Qualche anno fa ho trascorso un fine-settimana a Berna.
Ho visto un orologio meccanico, una fontana con finti orsi cattivi che divoravano bambini, un fossato con veri orsi in cattività che divoravano verdure. Ho visto tanta neve, e la casa-museo di Einstein.


Delle varie informazioni che ho raccolto in quell'occasione, una più di tutte mi è rimasta impressa: Einstein era un grande viaggiatore. Si spostava moltissimo, relativamente alla sua epoca ma anche in senso assoluto. Andava di qua, di là, invitato da centri di ricerca, gruppi di studio, università e quant'altro, allo scopo di fare ricerca, tenere conferenze e ricevere onoreficenze. 
Passava giornate intere sui treni, settimane intere sulle navi.
Secondo me, lui affrontava questi spostamenti non per rincorrere la gloria, il denaro o valide collaborazioni scientifiche. La meta interessava, sì, ma il viaggio in sé era fondamentale.
Io credo che Einstein trovasse nei suoi viaggi, principalmente, tanto, tanto tempo per pensare.

Il tempo vuoto del movimento, anche se non sono Einstein, mi risucchia dalla testa ciò che è contingente. I dettagli della mia vita quotidiana rimangono indietro, mentre i miei pensieri viaggiano da soli, in avanti, insieme al mezzo di trasporto. 
E' bello. E' una specie di trance.
Ma ognuno ha ciò che si merita: io sviluppo idee silvanesche


Einstein per la testa aveva ben altro...

Inline image 1

Io ieri, ad esempio, ho preso un aereo per venire a Dublino.

Volare una volta mi metteva terrore. Adesso sono quasi indifferente.
Dico quasi, perché mi rendo conto di aver spostato la tensione su altri dettagli del prendere l'aereo.
Ho sempre una paura irragionevole di sbagliare aeroporto, di arrivare tardi, di non trovare il check-in, di aver stampato il biglietto sbagliato... 
Sono tutti timori abbastanza facili da gestire. 
Invece, la paura di morire precipitando è davvero troppo grande da concepire. 


Quindi, la travesto.

Eppure, volare è bello. Bellissimo.
Guardare giù dal finestrino è un'esperienza straordinaria.
Studiare una cartina delle isole della Grecia e vedere come corrispondesse nei minimi dettagli agli arcipelaghi che se ne stavano tranquilli chilometri e chilometri sotto di noi è stato forse il momento più entusiasmante di una storia d'amore del mio passato che di grandi emozioni, in effetti, me ne ha date poche.


Vedere le montagne dall'aereo, dopo tanta pianura brulicante di case, strade e presenza umana, ti fa intuire la magnificenza della loro solitudine. Ti fa capire il vero senso della parola "superiorità".
Io, questa volta, le ho fotografate:

Le fotografie dall'aereo pare che siano tra le più comuni pubblicate in rete, insieme a quelle dei propri piedi e dei piatti pieni di cibo. Le più comuni - quindi le più banali
Ma volare è una cosa straordinaria. 
Vedere le nuvole dall'alto è un miracolo. Stare dalla parte del cielo azzurro, mentre sotto piove, è un ribaltamento della prospettiva umana.
Chi può resistere alla tentazione di catturare l'immagine di un'esperienza come questa? 
Che poi il signor RyanAir ne abbia fatto un'esperienza a basso costo è un altro discorso. Chi lo sa quanto dura. Godiamocela finché si può.

E un'altra cosa che mi stupisce dei voli in aereo è il modo in cui finiscono.
L'atterraggio non manca mai di stupirmi.
Un attimo prima eravamo lassù, altissimi nel cielo, e sembrava che il volo non dovesse terminare mai. Poi, in un attimo le cose si ingrandiscono. E siamo già a terra.

Io sono sicura che allo stesso modo mi sorprenderà la fine del mio tempo.
Un attimo prima ero viva, credevo dovesse durare in eterno, invece ecco la morte.

Ma non pensiamoci.
Domattina controllerò il biglietto per veder a che ora parte il volo di ritorno.
Ma se è troppo presto come farò ad arrivarci? Sarò capace di prenotare un taxi a Dublino? E se il taxi buca la gomma lungo la strada e perdo l'aereo, che ne sarà di me?

Volare, ooooooh- oooooooh!

E buona settimana

lunedì 11 agosto 2014

11 agosto 2014 - Senza ritorno

Se sia una reazione ai tanti anni che ho vissuto come studentessa modello non so, ma quando viaggio io non mi preparo mai.
Non studio le guide, non guardo le foto, non interrogo google.
In fondo, credo che un metodo valga l'altro.
La vera ragione, lo so, è che sono diventata molto pigra, ma diciamo che vado in un posto e dico "Sorprendimi!".

Così, è successo che nel corso di un viaggio nella Spagna del Nord, ho scoperto le grotte della Cantabria


Visitare una grotta preistorica con dipinti rupestri si è rivelata un'esperienza molto più emozionante di quanto credessi.
La guida ci mostrava le varie tipologie di "affresco" che si possono incontrare - le impronte delle mani in positivo o in negativo, i segni geometrici, le immagini figurative di animali - e ci spiegava che non possiamo capire. Non possiamo sapere.
Possiamo solo formulare ipotesi sul loro significato.
Quindi, io non so - come chiunque altro - se i nostri antenati dipingessero i bisonti sulle pareti delle caverne per adorarli, o per procacciarsi magicamente una caccia fortunata, o perché li trovassero belli.


Immagine da google

So che quando la nostra guida ci ha fatto notare che l'antenato aveva approfittato di una sporgenza della roccia per conferire tridimensionalità al suo dipinto, con mia grande sorpresa mi è venuto da piangere.

Qualche settimana fa sono andata a vedere un certo film in un certo cinema.
Questo cinema sorge accanto a un asilo - e io, quando gli passo accanto, spio sempre nelle sue finestre, che sono a un livello più basso della strada.

Inline image 1

E ho pensato: guardare giù nel mondo dei bambini è come scendere in una caverna per guardare il mondo dei nostri antenati preistorici.

La preistoria dell'uomo è durata un milione e mezzo di anni.

La scrittura e la "coscienza" sono una novità degli ultimi cinquemila anni - cioè degli ultimi istanti.
Eppure, del nostro lungo passato non ricordiamo più niente.

Anche della nostra infanzia, in fondo, ricordiamo poco.
Scriviamo testi per bambini,

Inline image 2

 cerchiamo di dipingere come bambini,


 mettiamo al mondo bambini (non tutti), e la loro vicinanza ci aiuta a comprendere.

Ma non possiamo più tornare indietro.




Buona settimana!

lunedì 4 agosto 2014

4 agosto 2014 - Trentuno ragioni

Sabato pomeriggio sono andata a casa del geometra di fiducia, per parlare di un certo lavoro che dovrò fare a settembre.
Appena arrivata, mi sono seduta tranquilla in veranda, circondata da tutti i membri della famiglia.
Uno di questi si chiamava Luna. Era la terza di una serie di Lune. Era morbida, affettuosa, con due belle orecchie a punta e il naso nero e umido. Dopo essersi presa la sua dose di complimenti da ciascuno di noi, è entrata in casa a controllare discretamente la situazione, osservandoci dalla porta-finestra del salotto.
Insomma: sono andata per parlare di uno scaldabagno, e abbiamo finito per passare la serata raccontandoci le storie dei nostri animali di famiglia – quelli del geometra e quelli miei e di mia madre.

E io mi sono chiesta: ma perché vogliamo così bene ai nostri animali?

Qui, alcune risposte che mi sono data:

Perché sono belli.
Perché sono brutti, ma ci piace amarli per quello che sono.

Inline image 1

Perché un animale che si muove per casa è come un’idea nuova che si muove per la testa.
Perché se siamo soli in casa e sentiamo un rumore possiamo dirci “Ah, sì, è lui…”.
Perché muovendosi per le nostre case la interpretano.
Perché rimanendo nelle nostre case quando usciamo ci donano un surrogato dell’ubiquità.
Perché aspettano il nostro ritorno.
Perché ci portano fuori.
Perché sono a portata di mano e, salvo rare eccezioni, possiamo misurarli a spanne. O, per meglio dire, a carezze.
Perché hanno un odore diverso dal nostro.
Perché sono i nostri compagni silenziosi.
Perché ci piace immaginare cosa pensano.
Perché sono più vicini a Dio.
Perché non ci contraddicono.
Perché vedono in noi la loro madre, o il loro capo.
Perché ci sopportano quando ci rivolgiamo a loro come se fossero esseri inferiori.
Perché generalmente sono più stupidi dei nostri figli.


Perché insegnano tante cose ai nostri figli.
Perché non abbiamo figli – a volte.
Perché per loro tramite corriamo a 50 all’ora, ci nascondiamo sotto i cespugli e diamo la caccia a lepri e topi.


Perché vivono meno di noi e piangiamo la loro morte.
Perché si ammalano prima di noi e ci prendiamo cura di loro.
Perché assorbono le nostre patologie.
Perché la durata della loro vita segna un’età della nostra vita.

Frissi, 1989 - 2003

Perché sono il nostro sguardo innocente sul mondo.


Perché ci insegnano a esercitare la pazienza.


Perché ci sfuggono.
Perché al nostro cospetto sono inermi, soprattutto quando dormono.
Perché a volte potrebbero ucciderci, ma raramente lo fanno.
Perché sognano, come noi.
Perché probabilmente sognano noi.

Questa è una semplice lista, che come tutte le liste può essere accorciata o allungata.
Se volete partecipare, andate al blog www.buonasettimana.org e commentate.
Oppure, rimanete muti come pesci!

Buona settimana miao!