lunedì 11 maggio 2015

11 maggio 2015 - Le grand mystère de La Grande Jatte de Seurat

Quando entro nel parco, sulla strada che mi porta al lavoro, spesso incontro due signore che aspettano.
Aspettano per lavoro.


Lascio perdere tutte le considerazioni – meschine, fuori luogo, banali, irrispettose – al proposito, per limitarmi a dire questo: se fossi una loro collega, e non una bibliotecaria, dovendo proprio aspettare, anche a me piacerebbe aspettare qui.




Non ho mai avuto modo di scambiare una parola, con loro. Una volta mi hanno chiesto che ora fosse, e gliel'ho detto.

Una decina di giorni fa, però, un po' più in là rispetto al solito punto, ho incrociato una loro collega più giovane.
Era al telefono, e all'incirca diceva: “Sì, perché così è fatto uomo. In amore così va. Io ho capito. Questo ti consiglio...”
Purtroppo non ho avuto modo di sentire altro, ho dovuto pedalare via. Ma quanto mi sarebbe piaciuto restare a sentirla!
Di certo, questa ragazza deve averne viste di cotte e di crude. Deve avere un'esperienza molto più vasta della mia. E se è una persona in grado di elaborarla, questa esperienza, chissà quanto avrei imparato della vita, ascoltandola, chissà quanto sarebbe stato interessante starla a sentire. Molto più interessante, ad esempio, che stare a sentire Dacia Maraini – una signora scrittrice che apprezzo e rispetto e stimo, ma che non ha mai risvegliato in me l'entusiasmo dell'ascolto.
Quanti punti di vista interessanti mi sono persa, al mondo, perché non ho il dono di suscitare le confidenze altrui. Forse, anche per questo non sono mai diventata scrittrice.

Quando sono a casa da sola, ho sempre la televisione accesa.
Non è detto che guardi, non è detto che ascolti. Ho bisogno del rumore di fondo.
In genere, mi sintonizzo su 



A me Rai5 piace molto, anche se trasmette a manetta sempre le stesse trasmissioni.
Non intendo dire: trasmette sempre documentari sull'arte. No. Trasmette sempre lo stesso documentario sull'arte! O quasi.
E così qualche giorno fa, mentre lavavo due tazze, facevo una collanina all'uncinetto, leggevo una mail, mi grattavo la capoccia, leggevo due pagine di romanzo, pedalavo sulla cyclette e mi dedicavo ad altre amene attività, ho ri-sentito un documentario sulla Grande Jatte di Seurat, conservato al Chicago Art Institute.




Tra i piccoli misteri legati a quest'opera, illustrati nel corso del documentario uno in particolare mi ha colpito.
Seurat ha disseminato la tela di piccole macchie bianche, di cui nessuno ha ancora capito la natura.
Caspita! mi sono detta.
Ma dove vive la stirpe dei critici e degli storici d'arte?
Dove si nasconde in giorni come questi,

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nelle biblioteche a studiare?
Nei musei a guardare?
E a Parigi, nella bella stagione – nella stagione della fioritura dei pioppi -, non ci sono mai andati?
Non sono allergici?
Non si grattano il naso? Non tossiscono? Non starnutiscono, perché questi semini volanti gli si cacciano su per le nari?


Chi lo sa.
Forse, a Chicago non hanno pioppi.

Certamente, questi critici non erano bambini con me, nel mio cortile, e non hanno aperto la mano quando una nuvoletta bianca planava accanto a loro, ripetendo il mantra “Chi trova una piuma ha la fortuna!”, nel tentativo di afferrarla – per lo più vano.

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​Molto difficile anche fotografarli, ve lo assicuro!


Io, invece, l'ho fatto, e ho trovato la soluzione di questo piccolo mistero della storia dell'arte.
Che soddisfazione, capire una cosa che altri non hanno capito.
Quanto è utile l'esperienza.

Buona settimana!


Silvana

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