lunedì 28 settembre 2015

28 settembre 2015 - Pensiero scientifico 2

C'è gente appassionata di biografie. 
Io non capisco come sia possibile.
Fosse solo perché non ce n'è una in cui il protagonista non faccia una brutta fine.
Insomma: le biografie non sono il mio pane.

Eppure, l'unica che ho letto - ero alle elementari - l'ho apprezzata.
Parlava di Einstein. E ricordo un particolare su tutti: ad Einstein piaceva suonare il violino.
Qualche volta si esibiva in pubblico - così,scherzosamente, filantropicamente - e le recensioni che ne seguivano le teneva con sé nel portafogli per mostrarle, orgoglioso e ironico, a parenti e amici.


La conclusione che ne traggo: a tutti piace essere qualcun altro. 
Lo scienziato più geniale e riconosciuto al pensiero di essere un musicista si diverte.

Lo stesso io: il sogno di poter cambiare mestiere, casa, città, situazione, me stessa, mi delizia.
La consapevolezza di non poterlo fare mi abbatte.

Per consolazione, leggo libriccini che esulano dalle mie consuetudini.
Ad esempio, vi consiglio fortemente questo:

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perché fa viaggiare nelle stratosfere meglio di Asimov, illustra il punto di vista di chi non contempla la vita con mentalità umanistico-letteraria (una stranezza, per me...), svela la bellezza delle discipline scientifiche, e non ultimo: l'ho capito persino io, quindi è altamente comprensibile.

Un'altra consolazione alla mia granitica limitatezza: faccio piccole riflessioni scientifiche. O piuttosto pseudo-scientifiche, o anche antiscientifiche, non saprei.
Ne avevo illustrate alcune in una mail precedente. In questa, proseguo.

E dunque vi dimostrerò come nel profondo, essenzialmente, con tutta la sua scienza e la sua tecnica l'uomo sia rimasto lo stesso che era prima. Intendo prima-prima. Con precisione: subito dopo l'invenzione della ruota.

E quindi: è vero, le automobili moderne sono molto moderne e veloci.


E oltre alle automobili abbiamo creato i razzi stellari.


Resta il fatto che per spostarci da qui a là dobbiamo assoggettarci alle leggi più basilari della fisica: non è più il bue che tira il carro, non è più il dorso del mulo che ci trasporta, ma sempre addosso a una cosa che si muove al posto nostro dobbiamo metterci.
Il teletrasporto ancora non l'abbiamo inventato.
Siamo fondamentalmente primitivi.

Come pure la pioggia.
Cosa facciamo, quando piove?
Attiviamo il campo antigravitazionale che repelle l'acqua dalla nostra persona?
No. Apriamo un ombrello.
Uno schermo di tela tra noi e la polmonite.
Davvero, un gran bel passo avanti!


E infine, la comunicazione.
Qui mi si dirà: eh no, c'è internet, c'è il cellulare, se non è tecnologia questa!

Ma col cellulare cosa facciamo? Trasmettiamo pensieri e concetti per telepatia?
No!
Facciamo quello che faceva B.C., ai tempi delle caverne:

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parliamo.

Qui però, penso io, anche se potessimo evolverci fino alla trasmissione del pensiero, non lo faremmo comunque.
Comunicando in questo modo, non vedo come potremmo mentire.
E dire bugie, in base alla mia esperienza, è uno dei bisogni basilari dell'uomo.

Meglio tenersi le parole.




Buona settimana!

lunedì 21 settembre 2015

21 settembre 2015 - I bei negozietti di una volta

Io amo i supermercati.

Forse perché quando ero piccola uno dei pochi momenti di condivisione, con mia madre, erano le passeggiate verso il supermercato più lontano possibile per fare la spesa, e questo è il mio imprinting.
Comunque sia: amo i supermercati.


Invece, della grande distribuzione si parla male: qui, acquistare diventa un atto disumano, nessuno più ti saluta, nessuno più ti consiglia, non c'è più nessuna cura nella scelta delle merci a monte, eccetera eccetera.
Ma guardiamo i ristoranti: qualche giorno fa ho sentito che la metà delle indagini dei NAS porta alla scoperta di cibo avariato nei depositi, e di sporcizie innominabili nelle cucine. E i ristoratori cosa sono, in fondo, se non dei piccoli commercianti?
Per non parlare dei prezzi, che nei piccoli negozi è sempre più alto.
Se poi si aggiunge il fatto che il rapporto umano di cui sopra non sempre è piacevole, e dunque: perché non dovrei andare nei supermercati, finché è possibile?

Ma l'altro giorno non è stato possibile.

Erano momenti di concitazione - concitazione per me, che ho ritmi molto, molto tranquilli.
Mi si accavallavano appuntamenti da prendere, iscrizioni da fare, gatti da nutrire, mamma da visitare...
Insomma: mi si buca una ruota e devo cambiare la camera d'aria in men che non si dica.
Non ho tempo per cercarla nel tale ipermercato, che è lontano da casa mia, e faccio un salto dal ciclista sotto casa. (Non è andata esattamente così, ma cambio alcuni dettagli per salvaguardare la privacy di tutti).

Il ciclista ha due animali in negozio.
C'è un gatto accanto alla cassa - accarezzo il gatto.
C'è un cane sul pavimento - mi chino ad accarezzare anche il cane, per non provocare crisi di gelosia e complessi di inferiorità.
Il ciclista comincia a raccontarmi nomi e storia dei suoi beniamini.

Che erano della sua ex moglie, ma la sua ex moglie li ha mollati a lui quando se n'è andata, cinque anni fa, a dimostrazione di quanto fosse stronza e senza cuore, ma a lui che cosa importa? Ora sta meglio di prima - mi mostra la foto di una rossa sul cellulare, stratosferica per chi ama il genere - perché frequenta bellezze come questa, e se vuole le richiama, se non vuole no, e prosegue con fare molto affabulatorio ed estroverso passando da un discorso all'altro, facendomi sapere che la ex signora ciclista per questioni di grana è andata con uno che sembrava un signore, ma si è sbagliata di grosso, perché adesso sta con una bambina piccola in casa di un vecchio e relativi genitori ancora più vecchi, si è ritrovata insomma a dover fare la badante  in una specie di sanatorio, e piena di debiti per di più, mentre invece lui guadagna soldi come ridere, e con un lavoro onesto fatturato e tassato, e intorno a questo lavoro misterioso continua a girare per un po', mi fornisce qualche dettaglio, mi spinge a indovinare di cosa si occupi, "Attore?!" dico io, e lui contento annuisce, e mi fornisce dettagli ulteriori - mi racconta la storia dei vecchietti che hanno "recitato" strafatti di viagra, poi quella della giovinetta che si è fatta un giro da stunt-girl per poi andare a spendersi i 3000 euro del compenso in scarpe e vestitini in una botta sola, e poi della professionista che ha vomitato sul coprotagonista perché era ubriaca come una cozza - e termina insomma dicendomi che se voglio mi introduce nell'ambiente.
"Non pensare che l'età sia un problema", mi rincuora, "Le prendono anche di sessant'anni e passa! Se poi il casting non va bene, vorrà dire che comunque avrai avuto l'occasione di stare in compagnia di un giovinotto da leccarsi i baffi!".

Insomma, ho una radiosa possibilità di carriera davanti a me.
Qualcuno me lo aveva detto anni fa, leggendomi le carte, che prima sarei stata mollata dal mio compagno, e poi avrei cambiato mestiere.
Ci penserò...

Scherzi a parte: mi sono venute in mente diverse considerazioni sulla questione.
Una è la facilità con cui si aprono i buchi in un reale che, in apparenza, sembra rutinario, banale e morale. Tenete presente che il ciclista mi ha detto che tantissime signore che vanno a far la spesa nei miei amati supermercati le ha viste arrotondare lo stipendio nella casa di produzione.
Poi, sciocchina come sono, mi sono sentita sollevata per il fatto che il tipo non mi abbia detto"Non ti preoccupare di essere troppo brutta per questo mestiere!" (lui, d'altronde, diciamo che era lontano dai canoni della bellezza classica), ma soltanto "Non ti preoccupare di essere troppo vecchia!".
E altre considerazioni ancora, che non ho voglia di riportare.

Perché in fondo, a questo proposito, mi interessa di più conoscere le considerazioni degli altri.

Ho raccontato l'episodio a tre o quattro amiche, e tutte hanno reagito in modo diverso. C'è stata quella che si è indignata, quella che si è sentita avvilita, un'altra si è fatta una risata, un'altra non ha creduto alla storia...

E voi?
Che dite, preferite far la spesa nei supermercati, o nei negozietti di quartiere?

Buona settimana

lunedì 14 settembre 2015

14 settembre 2015 - Letargo e fuga

Mia sorella ed io, per quanto ci si possa somigliare, siamo diverse sotto diversi aspetti.
Ad esempio, io ho sempre studiato mentalmente, senza ripetere. Se avessi dovuto fare la fatica di parlare, pigra come sono, mi sarei fermata alla terza media.
Lei invece raccontava tutto a voce alta. Così, ho avuto modo di imparare due o tre cose da lei, che era avanti di tre anni,prima di dovermene occupare personalmente.

E' stato così che sono venuta a conoscenza del paradosso di Zenone.

Zenone filosofo, 495-430 a.C.

Sedeva sul water, mia sorella, e mi chiedeva: "Achille pie' veloce quando raggiungerà la tartaruga? Risposta: mai! Perché Achille parte da A, e la tartaruga parte da B, e quando Achille raggiunge la tartaruga nel punto C, in realtà lei è già nel punto D, e quando Achille arriva a D, lei è già in E, e così all'infinito...".
Io lì rimanevo, assisa sul bidet e perplessa.

Così, allo stesso modo mi chiedo: quando ci raggiunge il tempo?


Ricordo la mia prima carie. 
Ero ancora all'asilo, e subito ho avuto la consapevolezza che avrei avuto problemi coi denti per tutta la vita.
Il presentimento puntualmente si è avverato.
Ho sentito altre persone raccontare: "Ho sempre saputo che sarei stata felice", e anche per loro ha funzionato.
Forse io ho solo sbagliato consapevolezza.

E l'estate dopo l'esame di maturità.
Ero al mare. 
Mia madre si china su di me dal balcone (stavamo in un piano rialzato), mi tira la frangia e dice: "Guarda! Hai dei capelli bianchi!"

Una delle prime sere che ho trascorso nella casa in cui vivo sola ormai da anni, mi vedo allo specchio e mi metto a urlare. 
Corro dal fidanzatino di allora. "Cos'è? Cos'è? Cos'è questo?". 
Lui sospira "Eh..." e scuote la testa, alla vista del primo buco di cellulite che mi si è formato sulla coscia.

Mia madre, che era un'accanita gattara, qualche mese fa ha smesso di portare da mangiare ai mici del cortile.
Io però non mi rassegno all'idea. Continuo a conservare per lei i vassoietti di plastica che riempiva di pappa puzzolente e poi nascondeva dietro una colonna, al calar delle tenebre.
I vassoietti stanno formando una torre sempre più alta sul mio frigorifero.
Un giorno crolleranno, oppure sfonderanno il soffitto.
O magari mia madre ringiovanirà all'improvviso e tornerà a domandarmeli.
Ma non ci credo poi molto. 


E mi chiedo: c'è un momento preciso in cui diventiamo vecchi?
E' possibile trovare un modo per evitarlo? C'è una via di fuga?
O il tempo ci raggiunge, sempre e comunque, come Achille raggiungerà la tartaruga, anche se Zenone dice di no?

L'altra mattina andavo al lavoro costeggiando un fosso, nel parco.
Vedevo i gerridi saltare a pelo dell'acqua, e li immaginavo esclamare: "Però... Che freddo ai piedi!"
Il primo pensiero da brutta stagione.


In città, l'autunno comincia nei parchi.
E' un alito freddo che all'improvviso sospira tra gli alberi.

Io mi sono sempre chiesta dove passino l'inverno le rane.
Penso che al primo brivido si mettano a testa in giù nella melma del fosso, poi scavano scavano scavano e, raggiunta una certa profondità, si addormentano.

A quanti di noi piacerebbe cadere in letargo quando arriva l'inverno?
Ma non possiamo.
Dunque, per distrarci dal buio e dal freddo, pensiamo ad altro.

Ad esempio, pensiamo al Natale.
In Inghilterra e nei paesi anglosassoni, gli articoli natalizi sono in vendita nei supermercati già da settembre.


http://zensea.tumblr.com/:

Immagine da Pinterest


Buona settimana!



Silvana

lunedì 7 settembre 2015

7 settembre 2015 - Le case

Quando ero piccola, la sera, prima di addormentarmi nel mio letto, mi recitavo una specie di filastrocca.
Pensavo: “Nell'universo, in questo mondo, in Europa, in Italia, in Lombardia, a Milano, nella mia città di provincia, in via Pitagora, al numero 4, al quarto piano, nella mia casa, nella mia stanza, nel mio letto, io”.
Questa caduta a spirale, questo concentrarsi nello spazio, cominciava ad assumere senso e identità solo a livello della casa.
Io e la casa – quasi la stessa cosa.

Il balcone di quella casa lì
Le case dove abbiamo vissuto ci rimangono dentro.
Sono il posto dove vogliamo continuare ad essere – o quello dove non vogliamo stare mai più.
George Perec ricordava tutte le camere d'albergo in cui aveva dormito. E ha scritto un libro bellissimo su un palazzo di Parigi, pieno di case.

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Io ricordo come se fossi ieri il primo momento in cui sono entrata nella casa di Highgate (Londra, fine anni '80) per fare pulizie due o tre mesi, ma c'era una luce che me l'ha fatta sentire mia.
E comunque, me ne sono andata lo stesso.

Le case ci assomigliano.
Noi siamo dentro di loro, loro sono dentro di noi, come in un gioco infinito di bambole russe.
La nostra testa è una casa?
Anni fa ho visto un vecchio film di Peckinpah in televisione, intitolato Cane di paglia. Parla di un professore universitario americano che per qualche motivo va a vivere in Inghilterra, in mezzo ad indigeni violenti e dominati da istinti primitivi, che lo deridono per la sua cultura e insidiano la sua bella moglie.
La scena di violenza finale – l'attacco alla sua casa da parte dei villici infuriati e infoiati – mi sembrava un'allegoria della lotta che ha luogo nella nostra testa tra le forze della ragione e quelle delle pulsioni animali. Tra la sanità mentale e la pazzia.



Guardate i disegni dei bambini: le case hanno porte come bocche, finestre come occhi, balconi che sembrano nasi.
Io ho incontrato parecchie case che assomigliano a noi. E non solo a noi!
Ad esempio.
Questa casa di periferia desidera viaggiare



Questa casa, d'agosto, respira come i cani.


Questa casa, durante le feste di Natale, è contenta e sorride.


Questa si mette l'ombretto sulle palpebre


Questa è strabica.


E questa è impicciona.


Come noi, le case hanno i loro destini imperscrutabili e segnati.
Di queste due gemelle, ad esempio, chissà come mai quella di destra è amata e curata, mentre quella di sinistra – che pure è nata lo stesso giorno, costruita dalle stesse mani – è vuota e abbandonata.


Su questa via, poi, non si apre nessuna casa.


Una via senza ingressi e numeri civici forse è come una donna senza figli.
Ma non è detto che le porte diano sullo spazio dove passano tutti.
Magari sono aperte verso l'interno.

Le case, come noi, hanno i loro segreti.



Buona settimana.


Silvana