lunedì 31 agosto 2015

31 agosto 2015 - La lentezza



E' il gennaio 2013.

In un blog che ormai non seguo più, leggo una bella presentazione a un libro

Questo

che solletica la mia curiosità.
Lo cerco nei cataloghi delle biblioteche in cui lavoro, risulta posseduto dalla Centrale Sormani, ma già in prestito.
La mia mente passa ad occuparsi d'altro - probabilmente della merenda.

Trascorrono i mesi.
Un ragazzo viene a chiederci questo libro, in biblioteca.
"Ce l'ha la Sormani!" dico io, e controllo la sua disponibilità.
Ancora in prestito.
"Deve essere davvero bello...", il mio cervello formula l'ipotesi.

Qualche mese ancora, e mi viene l'idea di cercarlo alla Feltrinelli.
Eccolo lì! Ce l'hanno. Lo sfoglio: è proprio bello.
Compro un cavallino della Schleich e me ne vado.


Un pretesto per farvi conoscere la mia scuderia

Altri mesi si gettano alle mie spalle.
Decido di acquistare il libro alla Feltrinelli della Stazione, in occasione di un certo viaggio,

La Stazione Centrale di Milano

ma sto per saltare sul treno.
"Lo prendo al ritorno", penso. Mica mi porto quel mattone avanti e indietro per Torino!
Il giorno seguente, verso le otto di sera, mi affaccio alla porta d'ingresso della libreria e gentilmente mi scacciano. 
E' ora di chiusura.

Per farla breve: qualche mese fa, in qualche modo sono riuscita ad entrare in possesso del mio bellissimo libro.

Che adesso vive sul mio divano, oppure lì accanto, su uno sgabello. 
Ogni tanto lo estraggo dal disordine magmatico che si riproduce quasi organicamente in quella zona di casa mia, e leggo una voce. 

La prima è stata "Gatto", certamente.

Forse l'ultima sarà "Scarafaggio".

L'altro giorno ho letto il capitolo dedicato all'Ape mellifera.

E il sacro libro diceva:
"Per produrre mezzo chilo di miele, che contiene l'estratto di oltre due milioni di fiori, sono necessari oltre 25.000 viaggi tra i fiori e l'alveare".

Io subito ho pensato: "Sono un'ape!"

Infatti: quanti viaggi devo fare, quante persone vedere, con quante parlare, quanti tramonti, quante salite e discese per le scale, e quanti piatti lavati, libri letti, arrabbiature, sonni agitati e sonni tranquilli, quanti sogni freudiani, quanti pensieri junghiani, quante volte apro gli occhi e poi li chiudo, e quante altre mi spazzolo i capelli, e mi spruzzo profumi nelle profumerie rimpiangendo di non essere una piovra per provarne centottanta, e quanti libri leggo, quante crosticine mi tolgo dal naso, quante volte devo grattarmi la schiena e ripensare alla morte di mio padre perché mi venga in mente un singolo straccio di idea?

Molto più di due milioni di volte, certamente.


Quindi, sicura che un'idea è il magico concentrato di tante tante cose, e che una poesia è un'idea, vi regalo il concentrato della mia prima giovinezza: dei versi che ho scritto tra la fine delle medie e i primi anni del liceo, non ricordo di preciso.


Odisseo perduto nel mare
piccola zattera per navigare,
onde leggere, stelle pesanti,
stelle che mentono ai naviganti.

Odisseo che viaggia lontano,
legge le linee della sua mano,
canta alla luna, grida nei venti,
perso nel giro delle correnti.

Odisseo silenzioso al mattino, nel sole,
senza la mappa e senza parole,
perso sul dorso azzurro del mare,
quanta la strada per arrivare.

Spero che vi sia piaciuta, almeno per il suo contenuto simbolico.


Buona settimana!

Silvana


lunedì 24 agosto 2015

24 agosto 2015 - Giustificazioni

Siete apprensivi?
Siete impazienti? O intolleranti?

Se un amico arriva in ritardo a un appuntamento, che cosa pensate?
Che è un maleducato? Che avrà avuto un contrattempo? Che non vi vuole più bene? Che è morto?



Quando ero piccola, avevo un talento particolare nell'immaginare che mia madre non sarebbe tornata mai più dal lavoro. 
Lo immaginavo con tanto realismo, che poi passavo intere mezz'ore piangendo disperata la sua scomparsa, ancora prima che si presentasse davvero in ritardo. 
In realtà, mi pare che mia madre sia sempre stata una tipa piuttosto puntuale.
Fin troppo.

Anni più tardi, ho dovuto imparare a farmi una ragione dell'imprevedibilità del caso, e della varietà delle personalità delle mie amiche.
Una, in particolare, era capace di lasciarmi sola ad aspettare all'incrocio tra viale Zara e viale Stelvio, d'inverno, al buio, con la pioggia, lo smog, i rumori molesti - ma anche sotto il sole d'estate, e comunque in tutte le condizioni e i luoghi possibili e immaginabili, sistematicamente con ritardi di 15 minuti come media. 
Se poi alla fine si presentava.
Senza mai chiedere scusa una volta.
Fortunatamente, questa persona qualche anno fa è scomparsa dalla mia vita.

Amen amen.

Una tappa ulteriore della mia evoluzione è stata quando ho cominciato a permettermi di essere io quella che arriva tardi.
Invecchio, e mi faccio sempre più lenta.Un dato di fatto da accettare.
D'altronde, in età pre-cellulare una tolleranza di 5-8 minuti, in Italia, era la regola.
Adesso, invece, verso il quinto minuto di indugio mi capita di ricevere sms allarmati. "Io sono arrivata!" "E' successo qualcosa?" e così via.
No, non è successo niente.
Ma tirar fuori il cellulare dallo zaino che ho sulle spalle per digitare un messaggino mi rallenta ulteriormente.
I miei ritardi in genere sono sopportabili. Se ho problemi grossi, naturale che avviso.
Nell'ipotesi peggiore sono morta, ma in questo caso so che le mie amiche saprebbero chiudere un occhio e non me ne vorrebbero, per non essermi presentata all'ora prevista.


Anche stasera arrivo un po' in ritardo.
Chiedo scusa a chi mi attende sempre con grande curiosità.
Vi presento qualche possibile giustificazione. Una sola è esatta.
Lascio a voi la scelta.

- Scrivo solo ora perché ho vinto la lotteria e ho passato la giornata in agenzie di viaggio e su internet, per progettare la mia prossima vita.

- Oppure, perché mi sono dimenticata.

- Oppure, perché ero in viaggio e sono arrivata a casa da poco.


Il sole sorge sui poggi fiorentini

- Oppure, perché mi è caduto il pc dalla finestra e ci ho messo un po' di tempo prima di riuscire a raccoglierlo e ripararlo (tutto da sola, naturalmente). 

- Oppure, perché sono stata distratta da una pioggia di rane.

- Oppure, perché ho incontrato l'uomo della mia vita e ho trascorso la giornata in modo così piacevole che mi sono dimenticata del mondo..

- Oppure, perché mi hanno regalato la quarta e la quinta stagione di Trono di Spade e sono rimasta ipnotizzata davanti al monitor.

Valar Morghulis -- All men must die. But Arya Stark is no man.

- Oppure, perché mi hanno rinnovato il contratto internet solo un'oretta fa.

E potrei andare avanti all'infinito.

Insomma, le cause che mi possono portare ad arrivare in ritardo sono tante.
L'importante è che siete sempre nel mio cuore.

E comunque, anche questa volta riesco ad augurarvi


Buona settimana!


Silvana


lunedì 17 agosto 2015

17 agosto 2015 - L'Amour l'après-midi: l'Amore al pomeriggio

Voi seguite i fatti di cronaca?
O, per meglio dire, i misfatti?

Io no.
Come tutti, proclamo di non voler essere solleticata nei miei bassi istinti da servizi giornalistici di dubbio gusto. Di provare rispetto per le vittime. Di avere di meglio da pensare.

Poi però, cosa sono i romanzi gialli, se non misfatti di cronaca raccontati ad arte?
E chi riesce a trattenersi dall'esprimere un parere a caldo, dichiarandosi innocentista o colpevolista?
E se a casa di mia madre trovo la televisione accesa, mentre si parla del grande indiziato di un famoso delitto efferato, dovrei cambiare canale?
Certo che no.

Quindi, l'altro pomeriggio sono venuta a sapere, del tutto casualmente, che nella famiglia dell'unico indiziato del delitto bergamasco (che tutti capiranno senza bisogno di ulteriori dettagli) era pratica comune mettersi le corna.
Lui in primis, come gli inquirenti hanno accertato ancora prima di individuarlo, è nato da un tradimento.
Quale sia stato il suo comportamento nei confronti della moglie, lo posso immaginare (mi proclamo assolutamente colpevolista). 
La trasmissione che mi è capitato di vedere, poi, riportava un interrogatorio tra indiziato e giudice, che metteva in luce come anche sua moglie avesse avuto varie storie extraconiugali, nel corso del tempo.

Si aggiunga poi il fatto che questa trasmissione io l'ho vista in un periodo in cui le mie giornate sono estremamente segnate dalla routine: la mattina lavoro, poi vado a trovare mia madre, poi vado a casa dalla mia amica a dare da mangiare al suo gatto Amore 

Mon Amour de l'après-midi

e poi vado a casa mia, a sfangare la serata tra fumetti e DVD.
Quindi, sono trasecolata.

In tanti anni di inconsapevole vita a due, non mi è mai passato per la mente di tradire il mio compagno (purtroppo).
I miei genitori, nella mia famiglia di origine, avevano altro a cui pensare.
E anche tra le mie amiche, assisto a storie tranquille, vite tranquille, prive di grandi sconvolgimenti, niente grilli per la testa...

Leggevo pochi giorni fa, in un romanzo di Julian Barnes, che il tradimento è il modo banale con cui cerchiamo di vivere vite eccezionali.

Nella mia vita, oramai, non ho nemmeno più nessuno da tradire.
E se penso al mio passato, devo ammettere di aver affrontato pochi "avvenimenti".
Tant'è vero che sono qui, nubile senza figli, a fare la bibliotecaria.

Forse sarà colpa del mio oroscopo?
In effetti, nata a metà tra il toro e i gemelli, quando il destino Toro mi dice "Andrà bene!" il destino gemelli risponde "Andrà male...", e come risultato le mie giornate vanno così così.

Sarà colpa del kharma?
Non lo saprò mai: su un muro di Malaga avevo trovato il manifesto con la spiegazione che attendevo da sempre


ma qualcuno l'ha strappata.

Però, se confronto la vita di Madame Bovary, da una parte


con quella di Emily Dickinson, dall'altra



​penso di poter affermare che la vita più piena e bella sia stata quella di Emily Dickinson, che pure non si è mai mossa da casa sua.

Forse, più delle stelle e degli oroscopi contano gli ormoni.
Il tempo passa, non sono più tanto giovane, e non ho più bisogno di tanti avvenimenti.

Però - torno a parlare di Malaga - anche durante le ultime vacanze: non è successo niente, e sono stata così contenta.
Ma così contenta...


Buona settimana!

lunedì 10 agosto 2015

10 agosto 2015 - Luoghi comuni

Quando ero all'università, mi capitava di attaccar bottone con altri studenti chiedendo sempre le stesse cose.
A che anno sei? Quanti esami ti mancano? E il tale esame l'hai dato? In quanto tempo si prepara? Com'è il professore?


Cose così.

Finita l'università, sono andata all'estero per qualche tempo.
Non propriamente in viaggio di piacere: per essere indipendente dai miei genitori, sono andata a fare l'au-pair a Londra, in una zona densamente popolata da ragazze alla pari.



Anche in questo caso, era molto facile entrare in contatto con le altre. Tendenzialmente ci si chiedeva: Com'è la tua famiglia? Abiti lontano? Devi lavorare molto? E ti danno da mangiare?
Potrei fare il ciclostile di un questionario, pensavo io, e distribuirlo ogni volta che vedo delle facce nuove.

Il ciclostile... Letteralmente, roba del secolo scorso!

Adesso siamo nel XXI secolo, ma ancora sussistono le situazioni che vivono quasi di vita propria, imponendoci domande, risposte e commenti vari.
Forse potrei definirle "luoghi comuni"'

Un luogo comune è una cosa che tutti dicono.
Ma in origine è un luogo aperto a tutti, dove chiunque si trova a passare.
Ad esempio: l'ascensore.

Cosa si fa quando si incontra un vicino in ascensore?
Se non lo conosci bene, guardi su. Guardi giù. Mastichi un saluto.
Tipicamente, parli del tempo. Anche se non sei inglese.
Vi sembra banale?
Certo, alla vecchietta che è appena rimasta vedova si può domandare: "E l'ultima volta che ha fatto l'amore con suo marito, è stata bella?". Oppure, al tipo sempre ingrugnito che non saluta mai puoi chiedere: "Il suo più antico ricordo di bambino qual è?". E alla giovane coppia con figli: "A fine mese ci arrivate senza problemi? Quanto dovete farvi dare dai vostri genitori?". 
Ma io preferisco parlare della buona vecchia pioggia che ci vuole pure lei, del lungo duro inverno che non finisce mai, del caldo insopportabile.

Ecco: il caldo.
Questo enorme, pluridimensionale luogo comune che ci accomuna in un'immensa traspirazione, internazionale e appiccicaticcia.
Il sudore: un luogo generalizzato in cui tutti ci rigiriamo come maiali, un'estate ogni tanto.

Di questo caldo diciamo più o meno tutti le stesse cose.
"E' come il 2003". "E' l'effetto serra. Siamo alla fine del mondo". "Io riesco solo a stendermi boccheggiante sul divano, poi chi si è visto si è visto".


Però, attenzione: più o meno. 
A me di tanto in tanto capita di sentire un'opinione che trovo originale.
Una signora nella sala d'attesa del medico, ad esempio, mi ha detto che in città fa più caldo per via dello scarico dei condizionatori, che buttan dentro il freddo ma di fuori buttan caldo.
Io non ci avevo ancora mai pensato.
E un'amica che non sentivo da tempo, l'altro giorno, mi fa: "Ma il caldo c'è sempre stato, solo che adesso, con tutti questi condizionatori, ci siamo fatti delicati e non lo sopportiamo più. Passi tutto il giorno dal freddo al caldo, dal freddo al caldo, dal freddo al caldo. E certo che il caldo, a un certo punto, non lo reggi più!".
Sulla stessa scia, un collega che amava leggere di storia mi diceva: "Una volta nessuno si lamentava del caldo perché eran tutti poveracci, e d'inverno pativan tanto freddo che semplicemente, d'estate, non gli sembrava vero! Anzi, facevano la scorta per dopo".

Anche le cucine sono luoghi comuni.
Mediamente, se hai una casa, nella casa c'è una cucina. 
Nei palazzi, le vedi una sull'altra, in lunghe file verticali. E dentro, tutte hanno tavoli sedie armadietti fornelli forni eccetera.

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​Palazzone di Malaga

Una volta mi piaceva guardare le cucine illuminate dall'altra parte della strada, la sera, e vedere i gesti degli altri, a ora di cena. 
Cucinare, apparecchiare, mangiare, sparecchiare...
"Ma è spaventoso! Voglio scappare, non voglio farmi fagocitare!" diceva una specie di fidanzato che avevo allora, che infatti è scappato via - adieu.

Solo che quella sera lui non mi ha capito bene. Oppure io non mi sono spiegata.
O forse, semplicemente, io e lui eravamo diversi.
Perché nelle cucine infilate una sull'altra a me piaceva notare come fossero tutte diverse. 

Mi diceva Dafna, la signora da cui ho fatto l'au-pair la seconda volta che sono andata a Londra: "E' incredibile: in fondo in fondo ci sono solo due o tre marche di vestiti per bambini, a Londra, e nei negozi trovi sempre gli stessi vestiti. Ma ai giardinetti non incontri mai due bimbi vestiti allo stesso modo."

Immagine da Google

Il luogo comune non riesce mai ad essere comune fino in fondo.


Buona settimana!


Silvana

lunedì 3 agosto 2015

3 agosto 2015 - Guardare l'acqua

Anni fa, in quest'angolo che non sembra appartenere alla mia città, su questo ponte, mi ha fermato una tipa un po' fuori di zucca.



"Sono molto grata all'attuale nostro Sindaco!" dice lei a un certo punto della conversazione, di cui non ricordo né l'inizio, né il primo svolgimento.
"E per qual ragione?" chiedo io, ormai del tutto consapevole di avere a che fare con una signora suonata.
"Ma vedi qui che bell'angolino che ha messo su! Io ci vengo sempre a guardare l'acqua..."
E io, che da giovane avevo un'anima più prosaica rispetto ad ora, ho lasciato correre i dubbi sui reali meriti del Sindaco come essere individuale, ma non sono riuscita a non controbattere: "Ma questo è il Seveso! Il fiume più sporco e puzzolente di Milano, che è la città più inquinata d'Italia! Che bene può fare fermarsi a osservare questi flutti oscuri, ribollenti e maleodoranti?".
La signora, però, saldamente sistemata nelle proprie idee, ha ribadito: "No! Guardare l'acqua a me fa bene comunque, anche se l'acqua è brutta e sporca". Dopodiché ci siamo salutate, e io ho proseguito per la mia strada, dicendomi: "Però! Che gente svitata va in giro per il mondo..."
Ma a volte quello che ci dice la gente, svitata o meno, lo capiamo con anni di ritardo.

Poco tempo fa, all'inizio dell'estate, passavo per il centro arroventato dalla prima ondata di caldo, e guardando le gocce che colavano addosso alla statua della fontana di piazza Fontana pensavo: "Aaaahhh....", con molto, molto piacere.



E in vena di reminiscenze liceali ho ricordato le parole del Petrarca:

"Chiare, fresche, dolci acque..."



e Vaucluse, la località dove furono scritte, e che io ho visto in una vita precedente.




E mi è venuto in mente il piacere che provo ad annusare angurie e cetrioli - i quali profumano d'acqua, e infatti quando nel mondo dei cosmetici vogliono infondere una fragranza molto suggestiva d'idratazione alle creme idratanti, le fanno odorose di cetriolo.

E ho pensato al sollievo che provo quando sento il gorgoglio della fontana del parco, mentre sono al lavoro e mi annoio.

E ho ricordato le volte che sono stata sulle rive dei fiumi con degli amici.
Che facesse caldo, oppure no.


​Sul Ticino, tra Novara e Pavia


​Forse ancora il Ticino, nell'Oltrepò pavere. Ma il Ticino è dappertutto?

Qualche giorno fa, in Andalusia, di mattina andavo in spiaggia, in riva al mare.
Leggevo, facevo fotografie. Respiravo.
Alla collega che mi ha chiesto "Quanti bagni hai fatto?" (me lo domanda ogni volta che torno al lavoro), io ho risposto "Tre o quattro...", per troncare le discussioni. Mentre invece non ne ho fatto nessuno.
Sono stufa di dover giustificare il mio temperamento contemplativo, e non bagnativo.
Come se anche al mare dovessi timbrare un cartellino.

Una volta sono andata in spiaggia anche con Malgorzata e Silvia, le mie amiche di Malaga.


A Nerja


Passare il mio tempo con loro, in queste vacanze, mi è piaciuto moltissimo.
Malgorzata e Silvia sono due anime senza ombra di cattiveria.

Addormentate sull'autobus.

Stare con loro è stato come guardare l'acqua.

Ma come scriveva Leonardo:
"L'acqua che tocchi de' fiumi è l'ultima di quella che andò e la prima di quella che viene.
Così il tempo presente"

E il passato è acqua passata. 


Buona settimana che viene! 



Silvana