lunedì 26 dicembre 2016

26 dicembre 2016 - Io, Rocco Schiavone

Una biblioteca è come un corpo che respira.
A seconda della stagione, gonfia i polmoni in una sezione, si svuota in un'altra.

D'inverno, ad esempio, si spopolano gli scaffali dei DVD. 
Ci piace stare seduti sul divano di casa a guardare un film, mentre fuori è brutto.

Nella bella stagione, invece, gli scaffali dei DVD sembrano scoppiare.
Mentre si svuota la sezione dei gialli.

D'estate, siamo tutti investigatori che inseguono assassini seduti sulla sdraio in spiaggia, o in mezzo a un prato in montagna, o dal balcone di casa.

I gialli, per la verità, piacciono tutto l'anno.
Secondo me, ci appassionano perché hanno a che fare con la morte, che è uno dei dei principi assoluti dominatori della nostra vita, insieme all'amore. 
Ma mentre l'amore è - tendenzialmente - costruttivo, la morte ci distrugge.
Quindi, ogni volta che un investigatore inchioda l'autore di un assassinio, noi lettori sconfiggiamo la morte. 
Almeno in parte.

Personalmente sono una lettrice onnivora. Non mi sono mai specializzata in niente. Passo dai fumetti ai romanzieri tedeschi agli album illustrati per bambini.
I gialli li leggo, come tutti gli altri generi. Senza accanimento.
Tanto che fatico a capire i monomaniaci.
Sì, ok, apprezzo Maigret perché mi porta nella Francia di un secolo fa.



Con Philip Marlow mi sposto a Los Angeles.


Montalbano, vabbè, Montalbano è apprezzato un po' da tutti.


Con molta moderazione leggo i giallisti scandinavi. Si prendono troppo tempo della mia vita. E non sempre mi diverto a trascinarmi nella neve appresso agli assassini.


Fondamentalmente, per me fino ad ora i gialli sono stati libri come gli altri, in cui l'elemento criminoso è solo un pretesto che dà agio all'autore di sviluppare personaggi e ambientazioni - come in qualsiasi altra opera letteraria.

Ma adesso, qualcosa è cambiato.
Lo confesso: mi sono innamorata.

Ho incontrato il mio giallista preferito, e il mio vice (mai chiamarlo commissario!) irrinunciabile.

Da quando mi sono imbattuta in Rocco Schiavone, non l'ho più mollato.

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Marco Giallini nei panni di Rocco Schiavone

Ha detto un'utente della mia biblioteca: "E certo, i gialli di Manzini piacciono a tutti! In genere, capita così quando una cosai è perché è bella".
Ma io so che l'utente sbaglia.

I gialli di Manzini non piacciono a nessuno come a me.
Solo io li capisco davvero.
Sono io l'Unica Vera Lettrice di Rocco Schiavone.

E non mi dilungherò su questo assioma, perché tanto, in quanto assioma, è indiscutibile.

Dico solo che sono contenta di aver individuato la mia serie gialla preferita.
Dev'essere un po' come quando si tifa per una squadra di calcio: ci identifichiamo in ciò che amiamo, e più cose troviamo in cui rifletterci, nel mondo, più ci troviamo a nostro agio con noi stessi.
Grazie, signor Manzini.
Grazie, Rocco.

Detto questo, confesso di essere un po' preoccupata.
Ieri sera ho iniziato l'ultimo volume della serie.

Quanto ci metterà Manzini a scrivere il prossimo?




Buona settimana


Silvana


lunedì 19 dicembre 2016

19 dicembre 2016 - Torna a casa Lassie

Gli scrittori che amo di più sono quelli con cui faccio staffetta.
Scrivono quello che penso io, mi suggeriscono un modo di sentire, e quando li rileggo, a distanza di qualche anno, non riesco più a distinguere cosa mi venga da loro da quello che è sempre stato un tesoro mio.
Uno di questi scrittori è Javier Marìas.

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Il libro che preferisco di quelli scritti da lui

In “Tutte le anime”, Marìas ha parlato, tra le altre cose, di presenza e assenza, di essere a casa e di starne lontano.
Diceva in questo romanzo Marìas che è giusto viaggiare, è bello vivere all'estero per qualche tempo, ma il coronamento supremo di una vita disgraziata è morire lontano dalla propria terra e dai propri cari.
Ho già scritto che sono un albero: ho avuto due o tre occasioni, nella vita, di allontanarmi da dove sono nata, ma sono sfumate miseramente.
Si vede che non è il mio destino.
E però mi piace allontanarmi, di tanto in tanto.
Andare via mi fa sempre bene.
Che sia solo per lo spazio di un fine-settimana

Bolzano: la passeggiata sul lungofiume
o che sia per periodi più lunghi, in luoghi dove parlano un'altra lingua.


Francoforte


​Malaga​​​

Certo, cambiare aria dà l'illusione che nella vita ci siano nuove possibilità. Tante strade aperte.
Col tempo, mi sono resa conto che a me personalmente fa bene allontanarmi da gente che già so cosa pensa di me. 
Chissà, magari la cosa che ci rinnova di più è rispecchiarci in una testa mai incontrata prima.

Però, dopo essere andati via, è bello anche ritornare.

L'estate scorsa, quando stavo per lasciare Francoforte, alla fine delle vacanze, mi sentivo elettrizzata. 
Sarà forse una reazione fisiologica.
Mi diceva infatti Evelina, la vicina di casa che divide il suo tempo tra la Germania e Roma, che succede sempre anche a lei: quando sta per rientrare in Italia è contenta, e quando sta per ripartire per Francoforte è contenta.
Forse, vivere tra due paesi vuole dire assicurarsi uno stato perenne di aspettativa felice .

Dunque, dicevo: la settimana scorsa sono andata da Marina, a Bolzano.
Al mio ritorno, ho vissuto un'esperienza nuova.

E' stato solo l'altroieri che sono riuscita a trovare un passaggio per riportare a casa Titina.

Non è stata male Titina, dalla nonna. Ha mangiato. Ha dormito tantissimo. Tantissimo.
Titina non ha mai dormito così tanto.
Si rifugiava tutto il giorno sotto le coperte, e dormiva.
Dormiva troppo.

Appena ritornata a casa da me, dopo una mezz'oretta di perlustrazioni e verifiche, Titina ha ritrovato la sua palletta preferita e si è messa a giocare.
Poi, la notte mi è stata addosso tutto il tempo, e mi ha fatto tantissime fusa e mi ha leccato le mani, le gambe, tutto quello che trovava.
Ebbene, questa è stata un'esperienza nuova.

Ho capito che il ritorno a casa di Titina sono io.


Ed è stato molto bello.


Buona settimana!

Silvana



lunedì 12 dicembre 2016

12 dicembre 2016 - Titina scout

Ieri era l'11 dicembre.
Ero nella bella Bolzano, con la mia bella amica Marina, in visita a una bella mostra di presepi 


e tra un angelo, un pastore e una pecorella sono stata colpita all'improvviso da una consapevolezza, come fosse un pugno: mancano due settimane al Natale, io non ho pensato ancora a nessun regalo, e non ho troppa predisposizione per farlo.

Poi, davanti a un'immagine della Madonna col Bambin Gesù, mi ha illuminato una seconda banale consapevolezza: dietro ogni piccolo c'è una mamma e, salvo i casi di tragedie personali e/o storiche, la mamma è una garanzia che almeno una persona c'è, sulla faccia della terra, che ci voglia un po' di bene e ci prepari regolarmente da mangiare, quando non siamo capaci di farlo da soli.

Questo, tendenzialmente.

Perché i rapporti con e mamme non sono tutti rose e fiori...
Le due parti accumulano incomprensioni e rancori, traumi freudiani vengono trasmessi da una generazione all'altra, e gli psicologi ridono nel loro letto, sicuri che finché ci saranno una madre e un figlio, al mondo, a loro non mancherà mai il pane.
Avete presente il film Sinfonia d'autunno di Bergman?


Ecco, se io dovessi raccontare un episodio in cui mia madre mi ha ferito, direi di quando lei ha fatto togliere la tappezzeria dalla mia cameretta, a casa sua, per poi far ritinteggiare i muri.
Io avevo appeso alle pareti un gran numero di cornici a giorno, che contenevano disegni e tavole a colori che avevo dipinto alle medie, fotografie che mi raccontavano tante cose di me e del mondo, disegni che mi avevano regalato le mie amiche.
Sapevo che a lei la mia esposizione personale non piaceva per niente.
Quando le pareti sono state ridipinte, le ho chiesto di restituirmi la mia roba per appenderla di nuovo.
"Booooh... Non so mica dove sia finita...", mi risponde lei.
"Come, non lo sai? Mica l'hai tolta tanto tempo fa!"
"Eh, ma io cosa vuoi che mi ricordi? Ho dovuto occuparmi di questo, di quest'altro... Ho dovuto fare tante cose...E poi tante altre... Forse li ho messi sopra all'armadio, non so... Io cosa vuoi che mi ricordi?".
Una litania ripetuta con tono talmente lamentoso e infastidito, che mi ero convinta che mia madre avesse approfittato dell'occasione per far sparire per sempre le immagini cui io tenevo tanto, e lei odiava.
E ci ho messo una pietra sopra.

Però, la distruzione della mia galleria di ragazza non mi è mai andata giù, e a scadenza irregolare durante gli anni mi è tornata in mente.
L'ultima volta sarà stata all'incirca un paio di settimane fa.

D'altronde io e mia madre abbiamo altre cose in comune, su cui ci intendiamo bene...
In primo luogo, i gatti.

Parliamo ad esempio di Titina.

Titina non si è potuta trasferire dalla zia, in questi pochi giorni in cui sono stata a Bolzano, perché dalla zia sono arrivati i due miciolini nuovi nuovi, il cui stato di salute ancora non è scuro.
La veterinaria ci ha sconsigliato di correre rischi con convivenze dall'esito patologicamente incerto.

Ultima ratio: Titina va dalla nonna.
Con tutti i dubbi e le preoccupazioni che la soluzione comporta, visto che Titina sarebbe una gatta da esterni, ipercinetica, irrefrenabile, e chissà cosa combinerà da una vecchietta di 85 anni...

Infatti, subito il primo giorno del soggiorno dalla nonna Titina sparisce.
Mia madre è sicura che sia caduta dietro il mobile della sala, e che giaccia tramortita o secca in prossimità dell'angolo tra due pareti.

Io sono a Bolzano, non posso intervenire.
Tocca a mia sorella rinunciare ai suoi impegni e andare a cercare la gatta scomparsa (grazie, zia!)


Zia Daniela prende la scala.
Dietro il mobile in sala Titina non c'è, né morta né viva.

Cerca di qua, cerca di là.
Sposta la scala in camera da letto.

Guarda sopra l'armadio.

Chi c'è sopra l'armadio?

Titina, of course.

E dove è sdraiata Titina?


Sì, anche a me sembra una cornice a giorno.

Grazie, mamma.

Grazie, Titina.


Buona settimana!


Silvana

lunedì 5 dicembre 2016

5 dicembre 2016 - Eugenismi

Dicevo che anobii è stato il mio primo social network, qualche tempo fa, ma non dicevo il vero.
In realtà, la mia frequentazione sociale della rete io l'ho sviluppata altrove, all'estero, in terra di Francia, grazie a questo sito culinario


Qui certamente ho trovato ricette, certamente ho ricambiato mendandone tante delle mie, ma soprattutto frequentavo il sito per leggere il forum delle gourmandes transalpine.
Che trovavo molto divertenti, piene di spirito, per lo più simpatiche.

Col tempo, come spesso accade, il mio entusiasmo per Marmiton è calato - anche perché a un certo punto i padroni hanno dato un giro di vite alla convivialità del forum, accettando solo conversazioni di argomento culinario.
Quel dommage!
Ma finché è durata, me la sono spassata. 
Grazie, gentili fan di marmiton: con voi ho passato dei momenti piacevoli, e mi avete abituato a leggere fluentemente la vostra bella lingua.

In particolare, ricordo un'assudua del forum che trovavo assolutamente sublime.
Si chiamava Eugénie, e raccontava di sé gli episodi più fantozziani e disastrosi, con un'auto-ironia che neanche bridget jones.


Andava a fare la spesa per due settimane e si accorgeva di aver dimenticato soldi e carte di credito di fronte alla cassiera. Sbagliava strade. Parlava a sproposito.
E lo raccontava troppo bene. 
Le sue mende (cioè figuracce, in dialetto novarese) le chiamava "eugénismes".
Troppo forte!

Ieri sera Eugénie mi è tornata in mente, con tutti i suoi atti mancati.
Ero al seggio elettorale, dove mi ero recata con zaino e borsone di carta ripieni di oggetti vari da distribuire a madre, sorella e campana della caritas lungo la strada.
Mi è stato chiesto di lasciare tutto in un angolo.
"Non c'è problema", dico io, e infilo lo zainetto nel borsone di carta.
Che molto teatralmente si squarcia, e sotto gli occhi di tutti mi dà agio di esibirmi nel vano tentativo di far rientrare tutto quel bailamme nei brandelli, e quindi il bailamme di nuovo si sparge per il pavimento... Per due o tre volte.
Finché mi decido a prendere un sacchetto di plastica dallo zainetto (sono sempre provvista) e a risolvere diversamente.
Ma prima di questo, quanti "Ma non si preoccupi, signora...", "Ma sì, faccia con calma...", "Ha bisogno di aiuto?" mi hanno rivolto, le gentili scrutatrici.
Insomma, ho goduto della condiscendenza del mio prossimo. 
Che bello.

Di ricordo in ricordo, mi è tornato in mente un episodio analogo.
Al termine del corso antincendio, un mesetto fa, vengo sottoposta alla prova pratica: con un estintore, devo spegnere delle fiamme sprigionate da un tubo alimentato a gas - il tubo a sua volta immerso in una vasca d'acqua.
Purtroppo, l'estintore mi viene consegnato quando è già mezzo vuoto.
Io spruzzo - le fiamme non si spengono.
Insisto: mi abbasso, mi avvicino e spruzzo. Mi avvicino e spruzzo. Mi avvicino e spruzzo... Finché non inciampo in me stessa e cado con le braccia nella vasca.

Poteva capitare a tutti, forse, come mi è stato detto. 


Ma io avrei voluto scomparire sotto terra...
Vado ancora più lontano, e mi rivedo al museo del Prado, a Madrid.
Ecco un quadro che risveglia il mio interesse.
E' di Tiziano, e rappresenta una turba di angioletti.
Non nutro un particolare amore né per Tiziano, né per i cherubini, ma giusto per questo desidero esaminare più da vicino quest'opera bizzarra e a suo modo affascinante.

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La festa degli Amorini (da Google Images)

A due passi dal dipinto inciampo in me stessa.
Miracolosamente, riesco a non precipitare nella tela, sfondandola.
Un custode e una signora che stavano lì accanto mi guardano allibiti. "Cuidado, Senora!" mi dice il giovane. "Esta obra cuesta mucho dinero!"
Sì, un Tiziano è molto prezioso, immagino. Come avrei mai potuto ripagarlo?



E dunque, questo ho capito ieri sera al seggio, mentre tiravo su le mie povere mercanzie.

Sono una persona irrimediabilmente goffa.
Sono una pasticciona.
Cado. Mi perdo per strada. Dimentico le indicazioni che mi danno. 

Ero una bambina grassa e poco sveglia.
Dopo una breve parentesi in cui forse sono riuscita a fingere qualche competenza in qualche branca della vita, ecco che chiudo il cerchio:sono una donna di mezz'età grassa e poco sveglia.

Da sempre, consapevole di essere "weird", cioè un po' strana, mi sono negata l'uso della patente, salvando così molte vite umane e forse anche la mia.

Su esempio di Eugénie, miaa gemella astrale francese, posso imparare a prenderla con filosofia.
Ma il dubbio comunque mi assale.
Ed è un dubbio lancinante.

Come riuscirò ad arrivere fino alla tarda età, tra tanti silvanismi?




Buona settimana


Silvana



lunedì 28 novembre 2016

28 novembre 2016 - Diventare zia

Non riuscite a far carriera?
Il pizzaiolo sotto casa vi tratta male?
Vi si è ingorgato il lavandino del bagno?

La causa all'origine è sempre una, sempre quella, statene certi, non c'è bisogno di indagare neanche un po': l'invidia.

Dai tempi di Caino e Abele, vittima e carnefice del primo omicidio,


pare che sia lei a muovere la storia.
Ma che dico: Caino e Abele...
Forse che il serpente non era invidioso di Adamo ed Eva, perché erano i prediletti del Signore?

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Adamo ed Eva - Lucas Cranach il vecchio (da Google Immagini)

Di fatto, l'apparato difensivo contro il malocchio è diffuso dall'alba dei tempi, e tra tutti i popoli.

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Mano di Fatima (da Google Images)

Quindi, magari qualcosa di vero c'è.

Personalmente, non credo di avere molto che possa suscitare questo brutto sentimento negli altri, però quando raccontavo guai di svariata natura alle mie amiche, quello che mi rispondevano spesso era: "E' che sei troppo brava/intelligente/superiore, e allora la gente ti vuole male".
Ho avuto anche l'impressione che se fossi stata più sciocchina e meno capace di fare cose, i miei vecchi fidanzati sarebbero stati più contenti.
Però, questa è solo la mia versione dei fatti.

Di certo, anche voi, se considerate la vostra storia, potete individuare momenti in cui l'invidia è stata all'origine di tanto male ricevuto.
L'importante - diciamocelo - è pensarlo.
Questo vizio capitale fornisce spiegazioni a tante disgrazie, e la mente umana non può fare a meno di cercare la causa di ogni cosa.

D'altro canto - come dubitarne? - io no, non invidio quasi mai nessuno.
L'invidia mi fa sentire squallida e meschina, e nessuno accetta di pensare questo di sé.

Di sicuro, non invidio le persone ricche, quelli che hanno la casa più bella della mia, o un'auto supersonica.


​La mia bici è certamente molto meglio!

Confesso di rammaricarmi un pochetto del fatto che alcuni non soffrano di ritenzione idrica - e io sì. O che altre persone abbiano incontrato l'anima gemella - e io no. Oppure che, con tutti i traduttori che esistono sulla faccia della terra, io non sia tra loro.
Ma oramai mi sono fatta una ragione di diverse cose.

Però c'è una cosa che mi ha fatto diventare tutta gialla e verde.
Irrimediabilmente.

L'altro giorno sono andata a trovare mia sorella, e indovinate chi ho trovato?

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Ho trovato due gattini meravigliosi, di due mesi ciascuno, che dormono come sassi, e poi si svegliano e giocano a perdifiato, e si vogliono un bene da matti, e mangiano come idrovore, e fanno fusa sonorissime, e non graffiano (quasi) mai!

E' vero, sono diventata felicemente zia.
Quando mia sorella andrà in vacanza, sarò io a occuparmi dei due giovanotti.
Li vedrò crescere e farsi sempre più grandi e pelosi.

Però non è come essere la loro mamma, e vivere insieme a loro questa novità - queste prime settimane nel mondo.

Che invidia!

Ma d'altronde, anche qui: cos'ho da invidiare?
E' vero, forse a me piacerebbe avere tutti i gatti del mondo.
Però al momento ho lei


Titina

che vale per quarantaquattro, nel bene e nel male.



Se poi voleste sapere come si chiamano le palle di pelo nuove: quello tigrato è Roni.
Quello peloso



è Happy.


Buona settimana!

lunedì 21 novembre 2016

21 novembre 2016 - Siamo circondati!



Qualche anno fa sono stata professoressa d'inglese, ma l'esperienza non è stata positiva.

Ero in un professionale,


e ritrovarmi a gestire delle classi di scalmanati poco interessati alla lingua straniera è stato scioccante.
Ma fondamentalmente, diciamolo, insegnare è un'attività che trovo noiosa.

Però c'è una cosa che mi piaceva, della docenza.
L'aula professori.

L'aula professori è uno spazio dove un certo numero di poveri disgraziati si ritrova e si presta mutuo conforto.
Nascono amicizie.
Nascono amori e amorazzi (tanti, tantissimi! Ah, che luogo ad alto tasso di intrallazzamento, le sale professori!).
Si conversa angosciosamente - ma anche amabilmente, a seconda dei casi.
L'aula professori, in una scuola, è un luogo ad alto tasso di socialità.

Io ricordo un collega che, più o meno in questo periodo dell'anno, mi diceva: "A novembre arriva la prima botta di stanchezza. Si lavora ormai da qualche mese. Ferie, dopo l'estate, non ce ne sono state. Il mese prossimo arriverà Natale, ma per ora è ancora lontano.
E' proprio un brutto momento, novembre.
Ma se lo superi è come aver fatto tre quarti dell'anno scolastico".

E poi, il mio maestro di coro.


Un brano che cantavamo al coro

Non frequento più il coro degli anni scorsi per la ragione fondamentale che lì si canta pochissimo.
Il maestro non cercava occasioni per farci esibire, e anzi ignorava quelle che proponevamo noi.
Non si faceva altro che andare alle prove.
E alle prove, io passavo la maggior parte del tempo ad aspettare che arrivasse il turno, per me e le altre contralto, di intonare la nostra brevissima frasetta.

Il maestro, invece 


Il maestro, anche giustamente, non dico di no, cantava moltissimo: tutte le parti di tutte le voci.
E poi, non smetteva mai di parlare.
Raccontava la storia della musica.
Ci dava raccomandazioni sull'impostazione della voce.
Esprimeva le proprie impressioni.

Alla fine, per me era diventato insopportabile, perché come ho già detto io al coro non avevo voglia di ascoltare, ma di cantare.

Però all'inizio mi piaceva.

In particolare, il maestro ci aveva detto di come lui vive questo momento dell'anno.
Che è un momento in cui la natura e le persone si ritirano in se stesse, si richiudono come trattenendo il fiato, 
Aspettano.

E in quel momento, per come lo aveva detto lui, lo avevo trovato affascinante.

E dunque, l'altro giorno io e la mia amica Marie ci scambiavamo battute e immagini con la chat di pinterest.
Lei mi diceva che a novembre non ci sono obblighi.
A novembre si va all'hammam e ci si fa grattare il pelliccione

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Immagine da pinterest

A novembre si mangiano un sacco di dolci

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Immagine da pinterest

E si fa pure il bis.

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Immagine da pinterest

A novembre si ha il diritto di prendersela comoda e di cazzeggiare alla grande.

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Immagine da pinterest

Novembre, insomma, per tutti questi motivi, è una vera figata.

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E io aggiungo: novembre è una vera figata perché per 30 giorni 

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Lato sud di casa mia

se siamo pieni di dolori, dentro e fuori

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Lato ovest

e non abbiamo voglia di fare niente

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Titina nel rifugio anti-novembre

e pensiamo che la nostra vita sia finita

























Lato nord

possiamo sempre dare colpa al fatto che è novembre, il quale ci assedia da ogni punto cardinale, dall'alto e dal basso, dal prima e dal dopo.
































Vista dalla biblioteca

Forse per questo ci converrebbe sperare che novembre non finisca mai.

Novembre ci giustifica.


​Les feuilles mortes

Grazie, novembre.

Però, in fondo...

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Robert Doisneau (immagine da Pinterest)


vivement juillet!


Sarebbe a dire: speriamo che luglio si sbrighi ad arrivare.


Buona settimana!


Silvana




lunedì 14 novembre 2016

14 novembre 2016 - Vocazioni

Spesso a me le cose, nella vita, capitano due volte.
Persino certi episodi molto particolari.
A distanza di anni, con tutti i loro dettagli più bizzarri, si ripetono.

Ad esempio, mi è capitato due volte di essere strapazzata e bistrattata da una housewife anglosassone più psicopatica che disperata, sul cui frigorifero un magnete recitava "Sandra's kitchen"

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A buon intenditor: questo è il frigo mio

Si chiamavano tutte e due Sandra, naturalmente: una in un sobborgo a nord di Londra, nel 1984, e l'altra nel bush australiano, dalle parti di Melbourne, nel 1999.
Sarà stato un caso?
Chi lo sa.

E così, per due volte mi è stato detto: "Ah, fai la bibliotecaria. Dev'essere un po' come fare la commessa".
In entrambe le occasioni si è trattato di cittadini dell'Urbe.
Che abbastanza chiaramente avevano l'intenzione di offendermi.

Che poi, dico io, offendermi...

Vado all'Ipercoop, l'altro giorno, per ritirare una macchinina fotografica nuova.

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Il tetto del centro commerciale

Ero alla Cassa centrale, e la ragazza che svolgeva la mia pratica è stata capace di servire altri due clienti contemporaneamente a me. E vorrei sottolineare che stava imparando e che è stata molto gentile con tutti quanti.
Io non potrei mai, ho pensato.
Mi impiccerei nel maneggiare denaro.
Confonderei le procedure.
E, soprattutto, manderei a quel paese due clienti su tre.

Quindi: cosa avrebbe una cassiera da invidiare, non solo rispetto a me, ma anche nei confronti di tanti professionisti?
Io direi, piuttosto: chapeau!

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Magritte (Immagine da Pinterest)

Consideriamo, per contro, la categoria degli ingegneri e dei chimici - quelli che hanno una cattedra da docente universitario, intendo dire.
Io ho lavorato diversi anni al Politecnico, e li conosco non dico bene, ma un pochino.
In ogni caso, abbastanza da pensare che questi signori, in fondo, nonostante il prestigio di cui li riveste il loro ruolo, non sono altro che dei supertecnici.
Che magari si intendono di macchine supercomplicate - provate a immaginare uno strafrigorifero, ad esempio, o un ipertreno, o più semplicemente una navicella spaziale.
Ma questo non ci garantisce che, quanto al resto, ne sappiano più di me o di voi.

E dunque.

Tempo fa, superata da poco la mia fase di interessamento al tennis (o più precisamente ai tennisti), ho pensato che questi atleti sono socialmente meno utili degli spazzini.
Una considerazione banale, lo so.

E mi torna in mente uno dei miei primi ricordi.
Ero con mia madre, d'inverno. 
L'avevo accompagnata a far la spesa alla Standa, in fondo alla strada principale del mio paese.
Guardavo affascinata i tasti della cassa su cui una signorina picchiava le dita - uno strumento ormai antidiluviano, che io trovavo meraviglioso.

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Immagine da pinterest

E' così che ho formulato il mio primo sogno professionale: "Voglio essere cassiera anch'io!"

Adesso, in biblioteca, registriamo i prestiti con un lettore ottico di codici a barre.
Proprio come fanno nei supermercati.

Questo vuol dire dunque che il mio primo sogno professionale si è avverato.

Alleluja!

E buona settimana


Silvana



Leonard Cohen 1934-2016

lunedì 7 novembre 2016

7 novembre 2016 - Scarrafona

E Titina come sta?

Sta bene, grazie.
Mangia, gioca, beve, fa disastri...
Tutto normale, insomma.
Quando sono rimasta a casa con l'influenza, inoltre, ho scoperto che anche lei dorme.

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Un vero scoop: la mia gatta dorme!
Difficile a credersi, ma prima di allora l'avevo vista con gli occhi chiusi solo in un paio di occasioni.
La prima è stata pochi giorni dopo l'arrivo a casa mia. Si era addormentata sul mio piede, e dopo essersi svegliata di soprassalto, l'ha morso con forza.
Benedetta gioventù!

Ma adesso Titina è cresciuta, ha 15 mesi.
Si è evoluta anche l'idea che io ho di lei, nel mio cervello.
E riflettendo sul come ed il perché, sono giunta ad una conclusione.

La mia micia, in qualche modo, è la mia piccola astronave verso il futuro.
Dopo essere state funestate dalla scomparsa degli altri gatti di famiglia, che purtroppo avevano raggiunto età anche venerande, afflitti da artrosi, alzheimer, e da tutta una serie di mali che purtroppo non risparmiano nemmeno i felini, ci è rimasta lei.

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La mia Mitzi (1998 - 2016)

Titina è il mio contatto con la forza della gioventù.
E i gatti rimangono giovani per un periodo relativamente lungo della (loro) vita. Di riflesso, della nostra. Quindi della mia.
Che dio li benedica.

E io me la guardo per buona parte della giornata.

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Me la fotografo, anche

I gatti soddisfano l'amore per le cose belle di tanti esteti.
Per me, non c'è solo quello.
Ricordo la mia amica Elisa che mi raccontava "Ogni tanto vado a trovare mia madre, e quella si imbambola a guardarmi fissa". E anche una mia compagna di un corso di ceramica, anni fa: "Stavo a casa di mia madre, ieri sera. Ero davanti alla tivvù e a un certo punto mi sento un trapano nella tempia. Mi giro, la vedo che mi tiene gli occhi addosso: "A ma', che te stai a guarda'?, le dico io"
Forse anche Titina un giorno si volterà verso di me chiedendomi: "Ma che te stai a guarda'?"

Non che non abbia avuto problemi, con lei, soprattutto quando era più piccola.
La Titi mi ha spaccato un gran numero di ceramiche.

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La coda di balena però è sopravvissuta (per ora)

Ha passato serate e giornate intere a saltare da un angolo all'altro della casa, come una molla impazzita. E io, dietro.
Confesso di essere arrivata a un tale punto di esasperazione da pensare: "Adesso la prendo e la butto giù dal balcone!".
Ma non l'ho pensato in linea teorica. 
Era una linea abbastanza pratica.
Mi ha trattenuto la mia tipica inerzia nel passare all'azione, o forse il barlume di coscienza che mi era rimasto... Non lo so.
Poi, mi sono sentita molto in colpa.
Ne ho parlato con la mia amica Marie, che da Parigi mi ha scritto: "Tutto normale: un mio amico è stato diverse volte sul punto di buttare giù dalla finestra i figli piccoli. Però poi non l'ha mai fatto".
E io ho tirato un sospiro di sollievo.

E' vero che io mi sento un po' in colpa, nei suoi confronti.
Titina è una gatta che avrebbe bisogno di grandi spazi, lo vedo dallo struggimento con cui guarda fuori dalla finestra.

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E a me dispiace avere solo due stanze da offrirle.
Però, come potrei lasciarla uscire?
Le capiterebbero cose terribili.
A volte non riesco a fare a meno di immaginare malattie e catastrofi in cui potrebbe venire coinvolta, però distolgo subito la mente.
Perché è così che si fa.
Altrimenti non si vive.

Eppure, la Titina non so bene come sia arrivata a casa mia.
I gatti bianchi e grigi, dirò la verità, sono quelli che mi piacciono di meno. Peggio di loro, nella mia personale hit parade, si piazzano solo i gatti bianchi.
I gatti bianchi - che paura!
Ma in fondo, è vero che tutti i gatti sono belli. E' una prerogativa della loro specie.
Quindi anche Titina.

Ma considerazioni sul colore a parte: se io avessi potuto scegliere, se avessi saputo di come avrei avuto le mani perennemente graffiate, e gli scaffali svuotati dalle mie produzioni ceramiche, e che avrei dovuto sviluppare il riflesso di sbarrarle il passo, ogniqualvolta apro uno sportello ...

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No, non ho acceso il forno

Insomma, mi sono sorpresa a pensare che se avessi saputo prima come sarebbe stata Titina, io non l'avrei presa con me.
Una consapevolezza inquietante.

Che però mi ha portato a pensare anche: Titina per me è come un parente di sangue. 
Il parente ti capita, e non lo scegli.
E, considerato quanto detto all'inizio, finalmente ho capito che Titina, in realtà, è mia figlia.

Ebbene sì: le altre donne hanno avuto in dono dalla sorte rampolli bellissimi e deliziosi, bravi a scuola, supersportivi e di successo.

Io, invece, ho una figlia molto pelosa, che mangia con la faccia ficcata dentro il piatto, e mai una volta che tiri l'acqua dopo aver fatto la cacca.

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Però, alla fine, so benissimo che poteva andarmi peggio.

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Ebbene sì: anche lui aveva una mamma

Anzi, sapete che vi dico?
La Titina è la gatta più bella e buona del mondo, e non la cambierei con nessuno.


Buona settimana


Silvana