lunedì 29 agosto 2016

29 agosto 2016 - Scivolamenti

L'anno scorso, per il mio compleanno, sono andata un paio di giorni a Vilnius (ne avevo parlato qui
http://buonasettimana.blogspot.it/2015/05/25-maggio-2015-vilnius-photo-reportage.html  ), con l'intima certezza di visitare una città lituana. Addirittura: la capitale della Lituania.

Quest'anno, sempre a maggio, sono andata in Polonia.
Dapprima, a Cracovia

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Il monumento a Copernico

e poi a Wroclaw, dalla mia amica Malgorzata.
La quale, in occasione del primo giro in centro, mi ha spiegato che Wroclaw in origine era una città tedesca - difatti da noi è nota come Breslavia, che è traduzione diretta del nome teutonico Bresslau, e parola molto più digeribile per la nostra memoria. Sarebbe poi passata alla Polonia dopo la Conferenza di Potsdam del '45.
L'architettura del centro conferma decisamente la sua origine.

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Le vedete le casette della piazza, oltre il vetro? No? Fidatevi: sono tipiche casette tedesche

Per qualche motivo, cito Vilnius a Malgorzata e lei: "Ecco", mi fa "Vilnius, invece, in realtà è una città polacca!".

Bello, questo modo di viaggiare.
La geografia si incrocia con la Storia, e quello che credi di vedere non corrisponde a realtà.
Se fossi vissuta in quegli anni del secolo scorso, invece di spostarmi fisicamente nello spazio per andare in Polonia, avrei potuto essere una tedesca di Bresslau, e grazie a un semplice movimento del tempo avrei veduto la Polonia venire a me, senza bisogno di lasciare il salotto di casa.

Uno scivolamento non da poco, direi!

Il mese scorso sono andata a Francoforte per il mio solito soggiorno di studio estivo.
Questa volta, dopo tanti anni, forse ho cominciato a familiarizzare vagamente col tedesco, ma diciamo che continuo a fare una grande fatica, per imparare qualcosa di questa lingua.


(Eh???)

Tanta fatica, che mi veniva in mente mia cugina Monica, e quello che mi diceva molti anni fa, quando l'ho incontrata durante una vacanza dal suo soggiorno di studio a Pechino (dove lei adesso vive e lavora).
Imparare il cinese per noi occidentali è difficilissimo.
Impieghi una mezza giornata per memorizzare una parola e il suo ideogramma.
Quello che apprendi in tre mesi, se non studi quotidianamente lo dimentichi in una settimana.
Poi, Monica mi ha recitato la cantilena dei toni del cinese


che a tutt'ora, insieme alla parola Mao (che vuol dire gatto), è l'unica cosa che conosca di quella lingua.

E accidenti, per me è lo stesso col tedesco.
Se non incontro una parola almeno ventisette volte, non la imparo.
Dimentico quelle che sapevo da giovane.
E quello che avevo appreso a Francoforte qualche settimana fa, l'ho già perduto.

Per me il tedesco è difficile come il cinese! 
E questo come mai?
Ne sono perfettamente consapevole: il tempo passa, e anche il mio cervello non è più quello di una volta.
Se le lingue fossero disposte secondo gradi di difficoltà, per me stanno scivolando tutte verso il livello massimo, tutte insieme, perché sto perdendo l'elasticità mentale necessaria ad apprenderle e, soprattutto, la memoria.

Ormai lo so: non potrò mai imparare tutte le lingue di questo mondo.
Vivrò per sempre in una torre di Babele.

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La Torre di Babele di Bruegel


E, per dirla tutta, anche oggi, avrei voluto scrivere di tutt'altro.
Forse è ora che cominci a vincere la mia pigrizia e a prendere appunti...

Perché la mia mail di oggi mi è scivolata di mente.
Non ricordo granché.
Ricordo solo che parlava di lei

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Mao


Magari un'altra volta.


Buona settimana!


Silvana



lunedì 22 agosto 2016

22 agosto 2016 - Azione e reazione

Un paio di anni fa ho iniziato ad ascoltare musica classica.
Da un momento all'altro, ho scoperto che invece di trovarla fredda e noiosa, mi piaceva.
Ero contenta di questo nuovo interesse, e felice di vedere spalancarsi davanti a me un mare magnum di potenzialità insperate: innumerevoli nuovi autori e brani sconosciuti da scoprire.


Passato l'entusiasmo dei primi tempi, il mio interesse si è alquanto ridimensionato.
Intendo dire: non cambio canale se la tele o la radio trasmettono musica classica - ma non vado più a cercarla come prima.

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E non sono mai stata alla Scala! (Immagine da Pinterest)


Peccato, o forse no: in fondo in fondo, come dicono in Francia, tout revient au même.

Però grazie alla musica classica una cosa l'ho imparata, anzi l'ho pensata.
Nello specifico, riguarda l'opera.

Io trovo che le storie messe in scena nei teatri lirici siano orribili.
Sono noiose, oppure sono deprimenti, e persino terribili e sanguinolente - comunque, rimangono lontanissime dal nostro sentire.

Vale la pena disquisire sul perché un certo personaggio faccia questo piuttosto che quest'altro?
Secondo me, è tempo perso. (Ma Lella Costa è comunque molto brava)


Le storie cantate nei teatri lirici, d'altronde, sono solo un mezzo di scarsa rilevanza che offre ai personaggi un pretesto per esprimersi.

Violetta de La Traviata muore quasi in solitudine, salvo gli ultimissimi istanti, perché il padre del suo compagno (oggi diremmo così) le ha chiesto di scomparire, per non nuocere alle politiche matrimoniali della figlia minore.
Violetta acconsente - quindi, di morire in solitudine se lo meriterebbe anche, penseremmo oggi.
Vale la pena pensarlo?
No, perché lei canta tanto bene, e melodie così belle, e la scena è così densa di pathos e pietas umana, nonostante sia imbastita di fantascienza antistorica.
Quindi, ascoltiamo, guardiamo, e gioiamo delle emozioni che ci comunica la musica.
Anche se i personaggi li troviamo sciocchi.


Questi personaggi, che cantano la loro anima con tanta magnificenza, sebbene la loro vita sia assurda, meschina e insignificante.

Questi personaggi, che hanno un'anima vibrante, con cui rispondono nobilmente all'assurdità della vita.

Questi personaggi, la cui storia non mi importa minimamente: mi basta che esprimano cantando quello che provano, per reazione alla loro storia.

E dunque, penso io, forse può essere così anche per noi, nella vita reale.

Sappiamo che la fortuna non è distribuita equamente tra gli esseri umani.
Però, forse, tante anime sanno reagire con magnificenza al poco che ottengono, e sentono di più e meglio dei fortunati.

Esisterà davvero questa specie di democrazia del sentire?
Le anime nobili davvero trovano in se stesse - nella loro nobiltà, nella loro alto sentire - un paradiso che le ricompensa per il poco che hanno avuto?

Bho.

Nel dubbio, ascoltiamo un po' di musica.

Questo brano ci racconta come son fatti i sadici narcisisti:


Questo è un bel commento sonoro agli ambienti di lavoro velenoso


Questo è ottimo per i momenti di intima magnificenza:


Hai un lavoro umile?
E chi ti dice che sia umile?!


Da un dramma sanguinolento e deprimente, una melodia bizzarra e divertente:


Avete perduto qualcosa e non vi date pace?
Mica sarete gli unici!

Qui, una che di essere buona fa solo finta, ma starla a sentire è così bello...


Per la delusione d'amore:


E questo, quando vi viene il pensiero di bruciarvi in cima a una pira lasciando una lettera d'addio a un familiare


Se poi invece vi viene voglia di fare festa:



Se avessi ascoltato di più e meglio potrei consigliarne ancora, e invece mi fermo qui.


Buona settimana!

lunedì 15 agosto 2016

15 agosto 2016 - Interni

Oggi è Ferragosto.
In Italia è festa.

Ho visto un servizio alla TV, stamattina, in cui un albergatore di Rimini diceva che non ne arrivava uno così da anni.
Così caldo, luminoso e pieno di turisti in giro per il mondo, a festeggiare.

Siete fuori casa anche voi?
Ve lo auguro.

Io, invece, sono nelle vostre case.

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Perché le vostre case mi piacciono molto, e quando posso le fotografo.

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Casa di Malaga. Non è di nessuno che conosca, ma l'ho fotografata lo stesso, come potevo


Mi piace il modo in cui ci gira la luce -
come se fosse un animale.
Mi piace quando ci sono gli animali.
Mi piace quando sono in disordine.
E quando sono in ordine.
Mi piace quando sono piccole.
Quando sono grandi.
Quando hanno un esterno.
Quando hanno a malapena un interno.
Quando esprimono il vostro coraggio.
I vostri desideri.
Le vostre gioie
Le vostre debolezze.

Le vostre speranze.

Di seguito, le immagini delle vostre case.
Le ho scattate in provincia di Genova, di Torino, di Milano, di Pavia, di Piacenza, di Siracusa, in Germania, in Francia, in Irlanda.
Non dirò il luogo specifico.

Sono le foto delle case di Beth, di Tracy, di Sophie, di Marilena, di Antonio, di Kordula, di Viola, di Marisa, di Tania, di Malgorzata.
E nessuno di questi nomi è vero.

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Le foto che ho guardato non erano poi così vecchie, ma molto è già cambiato, nel corso del tempo.

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Questa è casa mia

Fortunatamente, di chi fossero queste case non so nulla.

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Non erano nostre.
Non erano di nessuno.

Buon rientro a casa, stasera.
Buon Ferragosto.

E buona settimana!


Silvana

lunedì 8 agosto 2016

8 agosto 2016 - Lavare i pavimenti

Come avete passato la prima domenica di agosto?

Io ho lavato i pavimenti di casa.


Mi occupo così di rado dei miei pavimenti - o, per meglio dire, mi capita così di rado di lavarli per bene, che quando lo faccio impiego una quantità di tempo inverosimile.
Infatti, ho iniziato ieri e sono riuscita a terminare solo poco fa.

Spostare gli oggetti, e poi passare sia la scopa che l'aspirapolvere che lo spazzolone, e infine rimettere le cose al loro posto mi riduce uno straccio - per rimanere in tema.
E poi la Titina, che come tutti i gatti ha un terrore sacro dell'aspirapolvere, si spaventa da morire.

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La Titi preferisce l'asse da stiro

Per non dire che lo stato di grazia che provo a passeggiare per casa senza ciabatte (una mia abitudine inveterata)  su una superficie pulita durerà solo poche ore. 

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Fat Broad di Johnny Hart 

Già domani sentirò un nuovo strato di polvere sotto i piedi.
Quindi, ho fatto tanta fatica inutile.
Un consapevolezza demoralizzante.

Il lato peggiore del lavare i pavimenti, però, non sta nella fatica fisica - che non sopporto -, nel senso di frustrazione, o nel trauma psicologico che infliggo alla micia.

Ciò che davvero detesto, e che per non so quale effetto pavloviano puntualmente accade, è che quando lavo i pavimenti comincio a pensare con odio al genere maschile. 
In particolare, ai miei ex fidanzati
In special modo all'ultimo, che da una parte mi torturava psicologicamente perché secondo lui non lavavo mai abbastanza o abbastanza bene, dall'altra non alzava un dito per aiutarmi.

Inoltre, mi confessava candidamente che con tutte le sue ex aveva collaborato a tempo pieno, nelle faccende domestiche, ma casa mia era talmente brutta che non se la sentiva nemmeno di cominciare.

Ma questo, forse, ve l'ho già raccontato. Vi chiedo scusa e vi assicuro che non lo farò più.

Soprattutto perché ciò che mi preme raccontare, piuttosto, è che stavolta, mentre lavavo i pavimenti, così a sorpresa, mi è venuto in mente mio padre.

Mio padre, a cui penso abbastanza di rado.
E di cui non parlo mai.

Mio padre, che non era un informatico toscano.
Era, fondamentalmente, un contadino molisano.

E però, ricordo benissimo che in casa mia, diverse volte, quando ero bambina, i pavimenti li ha lavati lui.


E nonostante tutti i contrasti, gli screzi e le delusioni, ho sempre saputo per certo che mio padre mi voleva bene.

Invece quell'altra persona ha dato i miei numeri di telefono alla sua amante pazza, perché mi torturasse giorno e notte
Dopo tanto ragionare, adesso sono sicura anche di questo.

Ma qui io sto parlando di mio padre, che mi voleva bene.

Grazie, papà.

Anche per tutti quei pavimenti.



Buona settimana