lunedì 31 ottobre 2016

31 ottobre 2016 - Mondi



Gli irlandesi, come già ho raccontato un paio di anni fa, sono dei gran chiacchieroni.


Ricordo una gita a Kilkenny.

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Io e la mia amica Inna abbiamo preso il pullman al mattino.
La guida ha parlato per tutto il tempo dell'andata.
Ha parlato per tutto il tempo della gita.
Ha parlato per tutto il tempo del ritorno.
Se non si rivolgeva ai turisti, per raccontare spiegare illustrare, chiacchierava con l'autista, o con il personale dell'altro pullman che era partito col nostro, al cellulare.

Gli irlandesi sono dei gran chiacchieroni, e credono nella magia e nel sovrannaturale.
La nostra guida, passando davanti a una collina, ce l'ha indicata dicendo: "Le colline con un albero sulla cima" - com'era quella - "sono dei punti di incontro tra questo mondo e gli altri mondi".

Due settimane fa è morta la mia gatta Mitzi.
Non ne parlerò. Direi cose che la maggior parte delle persone non potrebbe capire.
Qui racconto che ho preso una sua foto - una foto in cui è insieme a Pepe, il fratellino che è morto tre anni prima di lei - e l'ho appesa accanto all'appendiabiti dell'anticamera.
Ogni giorno saluto i mici che hanno condiviso con me la mia ultima giovinezza, quando esco di casa e quando ritorno.

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E in un mobile della cucina, accanto ai barattoli dello zucchero e del caffè, ci sono la foto della zia Rosy e di un'amica di mia madre che è mancata da poco.
Erano tutt'e due delle donne estroverse, chiacchierone, vivaci, sono sicura che si sono simpatiche e si tengono buona compagnia.

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Mia madre ha una raccolta di immagini di persone scomparse notevolissima.
Ha iniziato a esporle anni e anni fa, e lo spazio che occupano sul suo comò è sempre più grande.

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Mia madre forse non sa di avere anche lei, come gli antichi Romani, un larario in cui raccoglie le immagini degli antenati.

Le rappresentazioni degli esseri umani, d'altronde, nascono in una regione a metà tra la religione e la magia.
Sono immagini che mettono in comunicazione questo mondo con gli altri mondi.

E ancora prima delle rappresentazioni figurative, vengono le nostre rappresentazioni mentali.
Come scrive Annie Ernaux nel suo libro "Gli anni", 

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nei nostri pensieri vivono persone ancora esistenti, insieme a persone che non ci sono più.
Alcune di queste persone scomparse avevano noi nei loro pensieri insieme ad altri, morti prima che noi nascessimo.
E così via, all'indietro. Come in un gioco di specchi.
Nei nostri pensieri si incontrano questi due mondi.

Una canzone degli Indiani d'America recitava, più o meno: "Il popolo che vive sotto la terra è più grande del popolo che vive sopra la terra".
Ho sentito questa citazione tanti anni fa, e non sono più riuscita a rintracciarne la fonte.


Un buon palliativo

Stasera i bambini si travestono da scheletri e streghe, e girano per le case dicendo "Dolcetto o scherzetto?"
Io da piccola non l'ho mai fatto.
E' una consuetudine importata da poco da altre parti del mondo.

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Stasera è come se fossimo su una collina con un albero sulla cima.
Stasera si incontrano il mondo dei vivi e quello dei morti.
E' una festa irlandese.

Buon Halloween.

E buona settimana!


Silvana




lunedì 24 ottobre 2016

24 ottobre 2016 - Due misteri

Una decina di giorni fa sono andata a vedere l'ultimo film di Woody Allen.

Che dire?
A me Woody Allen piace sempre - o quasi. E' uno di quegli artisti che seguo quasi fossero miei amici.
Non chiedo prestazioni agli amici, mi piace che esistano.
Con gli scrittori o i registi cui sono affezionata è lo stesso: mi hanno già dimostrato di essere dei grandi. Tutto il resto è oggetto di amore e tolleranza.



Sì è già capito: non ho trovato particolarmente geniale "Café Society".
Però mi è piaciuta la colonna sonora, quel jezzetto vivace con cui già altre volte Allen ci ha deliziato.

Una canzone più delle altre mi ha incuriosita.
Io ne conoscevo una versione piuttosto originale, da adolescente dark anni '80 (non ero io la dark, ma la mia compagna di banco. Io a quei tempi ascoltavo il folk irlandese).


Da lì è partita la mia curiosità.

Oramai, quando hai una curiosità che fai? Ti attacchi a internet.

Internet è una strana bestia.
Ci trovi di tutto. 
Per merito suo - oppure colpa, non lo so -, la differenza tra colti e ignoranti non è più così drammatica. 
Casomai, lo è la differenza tra chi è connesso e chi no. Tra chi sa digitare le parole chiave di una ricerca e chi no.
Quindi, il divario tra chi possiede i libri - la carta - e li sa usare, e gli "illetterati", non è più così cruciale.
Ma torniamo alla nostra canzone: su youtube ho ascoltato varie versioni.

Questa è bella, classica. Molto "Café Society"


Frank Sinatra, invece, l'ho trovato gigionesco e stucchevole



Questa versione recente la trovo molto da "primi della classe", ben fatta, filologica, piacevole, ma diciamo che il cuore forse è altrove.


Giustappunto: dov'è il cuore?

Il commento polemico lasciato da un frequentatore di youtube mi ha spinto a cercare il testo della canzone.
Eccolo qui


E l'enigmaticità del testo mi ha spinto a cercare la storia della canzone.
Eccola qui.
Di tutto, si trova in internet. Di tutto.


E dunque, in sintesi: Jeepers Creepers faceva parte della colonna sonora del film Going places, del 1939 (imprecisione storica nella scelta della colonna sonora da parte di Woody Allen? Ma chi se ne importa).
E' una canzone dedicata a un cavallo.
La canta Louis Armstrong, che nel film fa lo stalliere musicista.
Jeepers è un tipino di carattere, ogni tanto fugge. Ma Louis sa farlo tornare, cantandogli la canzone che ha scritto per lui.
Ed ecco qua finalmente la madre di tutte le versioni di JC!
(N.B.: c'è una pausa in mezzo al filmato. Aspettate con fiducia e vedrete meraviglie)


Se non guardo questo filmato 20 volte al giorno è solo per non consumarlo.

Non sono come lampi in una notte d'estate i denti e gli occhi di Louis Armstrong?
Non è commovente quella capoccetta di cavallo che spunta dalle frasche, e studia Louis con simpatia, piegandosi di lato proprio come fa la mia Titina, per poi andarsene allegramente col suo stalliere artista?

A volte siamo toccati dalle cose più strane.

Jeepers Creepers mi ha ricordato la mia passione infantile per i cavalli, che non ho coltivato nella vita per difficoltà tecniche.



Però quando ne incontro qualcuno, ci ricasco.

E mi ha dato i brividi trovare una consonanza con l'autore di questo testo, che ha dato voce con tanta levità a uno dei misteri che riconosco nell'universo: gli occhi dei cavalli.

Lo confesso: le stelle mi piacciono, sì, ma forse sono troppo lontane e terribili perché io le apprezzi appieno.

La bellezza degli occhi dei grandi animali vegetariani, invece, mi attira a sé come un vortice in cui mi perdo. 
Mi fa intuire l'esistenza di un dio.

Mi piacerebbe molto, un giorno, riuscire a fotografarmi nell'occhio di un cavallo.
Fino ad ora non ci sono riuscita.
Non mi si presentano molte occasioni per provare, e non ho mai avuto delle macchine abbastanza buone.
Ma chissà, nel futuro...

Con questa mail vi ho raccontato un mistero che non riesco a sondare.

Il mistero che ho parzialmente svelato, invece, è questo: come cavolo faccio a perdere tutto il tempo che perdo nel corso della mia giornata?

Gironzolando inutilmente per internet, of course.


Buona settimana!


Silvana


lunedì 17 ottobre 2016

17 ottobre 2016 - Essere generosi

Pare che il Duca di Clarence, fratello di Riccardo III, sia stato ucciso per soffocamento in un barile di malvasia.
Così risulta in Shakespeare


Personalmente, dovendo scegliere come morire, ho sempre pensato che mi vorrei annegare in un silos di yogurt.
Tanta è la passione per questo alimento.

Ma mentre da ragazza avrei scelto una nota marca tedesca per terminare i miei giorni, col tempo ho cambiato le mie preferenze, anzi le ho affinate, e di certo il silos lo farei riempire di yogurt Vipiteno.
Perché secondo me lo yogurt Vipiteno è il migliore che ci sia sul mercato.

Dal frigorifero di Nicoletta, che condivide i miei gusti

E dunque, come altri fanno il giro delle cantine della Franciacorta o del Chianti per degustare vini prelibati, a me piacerebbe andare in Alto Adige, a Sterzing-Vipiteno, e fare il giro di tutte le latterie.

Un paio di anni fa sono quasi riuscita ad esaudire il mio sogno.

Ero andata a trovare Marina, una mia amica di Bolzano.
Abbiamo visto gente, fatto cose... 
Io, sempre con il tormento di comprare i pensierini per mia madre e mia sorella.
Perché il regalino di viaggio per la famiglia è un'incombenza che a me, a volte, pesa abbastanza.
Da una parte c'è mia mamma, a cui non piace niente perché le va bene tutto.
Dall'altra c'è mia sorella, a cui non piace quasi niente perché ha molto buon gusto.
In certi paesi, il problema si pone più pesantemente che in altri.
In Spagna, ad esempio.
La Spagna è meravigliosa, ci andrei anche a vivere, molto volentieri. Però trovo che non ci sia niente di particolarmente interessante da comprare. O forse è solo un mio pregiudizio...

In Alto Adige, al contrario, ho un pregiudizio positivo: mi viene da pensare che qualsiasi alimento vi venga prodotto sia particolarmente buono. E così, risolvo la questione del pensierino di viaggio per la famiglia acquistando cose da mangiare.

E così, come dicevo, quella volta che sono andata da Marina, ci siamo messe in auto con meta - o gaudio! - Vipiteno.
Io avrei voluto baciare la terra, appena arrivata, come faceva Papa Giovanni Paolo II


Oppure, incontrando magari per la via una qualche mucca vipitenese, avrei voluto reggerle la coda come strascico nuziale - così cantava Branduardi, nella sua versione musicata della lirica del poeta russo Esenin


Il viaggio si è rivelato più lungo del previsto.
La strada più tortuosa.
Il mio stomaco ha presto cominciato a risentirne. Io sono diventata verdina dalla nausea.
Abbiamo fatto una prima tappa in un ridente villaggio lungo la strada, sperando che potessi riprendermi. 
In un bel negozio d'alimentari, già che c'ero, ho comprato dei dolci da portare alla mia famiglia, che mi sono stati consegnati in un bel sacchettone di plastica, come ormai non se ne vedono più (e qui apro una parentesi: forse non dovrei dirlo, forse non è ecologicamente corretto, ma a me le borse di plastica di una volta piacevano assai... Erano molto pratiche e resistenti).
Quindi abbiamo ripreso il viaggio.
Altre montagne.
Altre mucche nei pascoli.

Altre curve!

Insomma: all'improvviso il mio stomaco non ha più retto.
Con una prontezza di riflessi sorprendente ho svuotato il sacchetto dei regali per usarlo come estrema misura d'emergenza.

Alla fine della fiera, a Vipiteno non siamo mai arrivate. Non ce l'ho fatta.
Ci siamo fermate in un paese poco distante (purtroppo non ricordo più il nome di niente e nessuno), molto pittoresco, molto ameno, ma privo di latterie.

Perché vi ho raccontato questa storia?
Innanzitutto, per raccomandarvi di prendere il treno, in montagna, se soffrite di stomaco.
A Vipiteno, ad esempio, la stazione ferroviaria c'è!

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Immagine da Google

Poi, per consigliarvi di essere generosi, nella vita.
Se avete l'occasione e l'idea di fare un regalo a qualcuno, non tiratevi mai indietro: compratelo!

Io, ad esempio, non riesco a immaginare come avremmo fatto, in auto, se non avessi avuto tra le mani il sacchetto di plastica coi dolci per la mia famiglia.
Avrei vissuto uno dei momenti più disgustosi e imbarazzanti della mia vita.
E anche Marina.

A compensazione di una mail dal contenuto così discutibile, vi do la ricetta di un'ottima 

Torta allo yogurt!

Mescolate uno yogurt da 125 g. con 2 uova, 3 misurini di farina (il misurino è quello dello yogurt, svuotato), uno scarso di olio, uno e mezzo / due di zucchero, lievito, pizzichino di sale, buccina di limone gratuggiata, vanillina.
Cuocere in forno a circa 180° per circa 40 minuti.

Buon appetito.


E buona settimana!


Silvana


lunedì 10 ottobre 2016

10 ottobre 2016 - Orsa Maggiore e Orsa Minore

La scorsa settimana sono stata a casa con l'influenza.

Non c'è bisogno di provare compassione: non era niente di grave, e poi a me stare a casa con un po' di febbre piace molto.
Mi dà la possibilità di fare un sacco di cose interessanti.

Questa volta, ad esempio, ho visto Heimat 1


Ho finito di leggere un romanzo che mi è piaciuto - insolitamente lungo, per la mia media. D'altronde, si sa: se sei a casa in malattia non perdi tempo ad andare al lavoro.

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Ho guardato la luce passare sulle pareti di casa.
Forse, l'attività più interessante.


I primi giorni, è vero, la temperatura alta mi ha confuso i pensieri.
Forse per questo, dal magma cerebrale che ho prodotto è riemersa, per motivi che mi rimangono ignoti, una favola che leggevo da piccola, contenuta in una raccolta che adesso, se ancora esiste, riposa su un qualche scaffale a casa di bis-cugini australiani.

Era una favola zuccherosa e amara, lacrimevole, didattica, che narrava di un'orsa che va a caccia con la sua figliolotta.

Le due orse incontrano una cerbiatta. 
L'orsa le dice: "Ti mangio!". Ma la cerbiatta la supplica di lasciarla vivere - non per sé, ma per i piccoli che l'aspettano nascosti tra i cespugli, e che senza di lei morirebbero di fame.
L'orsa si commuove e la lascia andare.

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Da Google search

Lo stesso si ripete con altre mamme-animali: una leprotta, una talpa... Immaginate quello che volete.
Finché alla fine l'orsa mamma e l'orsa figlia, con tutto questo lasciar fuggire le prede, sono loro a morire.
Ma il Buon Dio, per premiare la loro bontà, le trasforma nelle due costellazioni omonime.

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Da Google search

Nel ripensare a questa storia vetero-ottocentesca ho provato un estremo fastidio.
Ma, dico, per salvare i figli degli altri, quell'orsa irresponsabile fa morire di fame la propria?
Dov'è la logica? Dov'è la necessità narrativa?
Altro che trasformarla in costellazione: oggi a quell'orsa toglierebbero l'orsetta, e magari la metterebbero pure in prigione! O in casa di cura.
E farebbero bene.

In alternativa, oggi punisco l'autore della storia con meritato oblio, per l'ipocrisia di cui è infarcita la sua parabola sulla bontà.
Fortuna che qualche anno fa ho regalato il libro ai parenti d'Oltreoceano.

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Immagine da Pinterest

A questo punto, non peggiorerò la situazione esponendo le mie banali considerazioni sulla natura della bontà.
Dico solo due cose.
Una non può essere messa in discussione, perché si basa sulla mia esperienza personale: il male peggiore, a me, nella mia vita, l'hanno fatto delle persone che io credevo le più buone del mondo.

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Ma Torquemada avrà creduto di essere buono?

La seconda può essere discussa, e comunque l'esprimo: essere buoni, secondo me, dipende principalmente dall'idea che uno si fa di se stesso, e che decide di perseguire. 
La nostra bontà è solo una storia che si vuole raccontare, agli altri quanto a se stessi.
Ma in natura non sono sicura che esistano Orse degne di costellazione.

L'annebbiamento cerebrale provocato dalla febbre, accanto alla favola della mia infanzia, mi ha fatto tornare in mente un banale episodio occorso da poco in biblioteca.

C'è una Persona da noi (non quella dell'altra volta: un'altra) che si occupa della narrativa adulti.
E' una persona molto buona. Molto buona. Quasi da costellazione.
La sua bontà è pari solamente alla tenacia con cui da decenni tiene per sé, e solo per sé, la gestione della narrativa - un settore che per sua natura interessa un po' a tutti i colleghi.

Per vari motivi molto noiosi, nelle biblioteche della mia città ormai da mesi non arriva più nessuna novità libraria.
Solo, ogni tanto, a scadenza imperscrutabile, arriva qualche soldino con cui si può andare direttamente in libreria e comprare una ventina di opere, a mo' di Megliodiniente.

Compito di scegliere e acquistare i libri è del Responsabile e della Persona.

Prima di andare in libreria, qualche giorno fa - non dico un giorno prima, o qualche ora prima, ma un attimo prima - la Persona è passata da me a chiedermi: "Conosci qualche titolo che sarebbe interessante acquistare, per la biblioteca?"
Io, così sul momento, non ho saputo cosa dire.
Ho sempre bisogno di preparare le cose con calma.

Però ho pensato: "Sei brava solo tu, Persona. Sei brava solo tu".
Intendo dire, dal punto di vista professionale.

E ho anche pensato: "Ma come sei buona!"


Ma ora, senza ombra di ironia vi auguro: 


Buona settimana!



Silvana


lunedì 3 ottobre 2016

3 ottobre 2016 - Voglio una vita

Quando io e mia sorella eravamo piccole, mio padre ci portava al cinema.
Aveva sempre dei biglietti omaggio a disposizione.
Non era importante arrivare prima che cominciasse il film. Caso mai, ci fermavamo un po' di più, per vedere l'inizio che ci eravamo perdute allo spettacolo successivo.
Ai miei tempi, non eravamo tanto precisini. Né noi spettatori, né i proprietari delle sale.


E' così che il giorno di un certo mio compleanno - il nono o il decimo, non saprei - mi sono ritrovata a vedere un film di Fantozzi.


La scarsa attenzione per il contenuto del film - oltre che per l'orario di inizio - si è rivelata fatale: ricordo di aver passato il peggior compleanno della mia infanzia.
Ho detestato Fantozzi.
O, per meglio dire, ho provato odio per chi aveva fatto il film, e per quelli che si divertivano a guardarlo.
Perché io, invece, a vedere le continue disgrazie dello sfigatissimo ragioniere ho provato una profonda sofferenza.
E la provo ancor oggi.

Alo stesso modo, appena ho sviluppato una forma di consapevolezza, ho odiato i cartoni animati di Silvestro e di Wile Coyote.

Ma com'è possibile che questi due personaggi non riescano mai una volta, ma mai una santa volta, ad acciuffare le loro prede?


E certo: se ci riuscissero, si interromperebbe la serie dei cartoni.

Che allora li acciuffino, quegli uccelli maledetti, e poi riescano a scappare di nuovo!
Che nascano tanti Tweety, tanti Beep-Beep, da sacrificare un po' per volta alla felicità dei nostri sfigatissimi eroi!
Qualsiasi cosa, pur di interrompere quella noiosa, mortificante, deprimente serie di sconfitte.


E poi: sarà educativo che i bambini ridano delle sconfitte altrui?
Che ne vedano una serie così infinita?

Non sarà anche colpa di Silvestro, Wile Coyote e compagna bella, se tanti della nostra generazione e di quella precedente sono finiti nelle mani degli strizzcervelli?


Invece, mi viene in mente un'intervista a Ken Loach che ho letto tempo fa.
Ken Loach è un grande tifoso del Manchester United. E grazie al calcio ha imparato che, fortunatamente, se una domenica il Manchester perde, c'è sempre la domenica dopo, quando magari il Manchester vincerà.


E così nella vita.

Dunque, se proprio dovessi augurare a qualcuno un qualche tipo di vita, non mi verrebbero in mente i desideri giovanili di Vasco Rossi


Ma piuttosto mi vengono in mente Tom e Jerry.


Tom e Jerry forse sono i miei preferiti.

Tom e Jerry sono nemici ma sono anche amici.
Ogni tanto le prende uno, ogni tanto le prende l'altro.

Essere un gatto che perde sempre, o un topo che viene sempre soltanto mangiato, è proprio triste.
Se sai tutto già dall'inizio, tanto vale non vivere.

Quindi: viva viva Tom e Jerry.

E buona settimana!


Silvana