lunedì 25 dicembre 2017

25 dicembre 2017 - Tre coincidenze

Io non so cosa sia la fortuna.

Una mattina sono uscita di casa con la strana sensazione che avrei passato una giornata molto propizia.
Arrivata all'incrocio sotto casa, in sella alla mia bicicletta, mi sono fermata per cedere la strada a una macchina.
Questa macchina è passata sopra un sasso piuttosto grosso e l'ha sparato con violenza nella mia direzione.
Il sasso è andato a sbattere da qualche parte, a pochi metri da me. Avrebbe potuto colpirmi in testa e uccidermi. E sì, sono stata piuttosto fortunata.

Quindi, come mi insegna l'esperienza, io posso sperare di evitare guai peggiori grazie al caso, ma una vincita al lotto, un ritrovamento di preziosi lungo i marciapiedi, un'offerta di lavoro inattesa, un colpo di fulmine, essere simpatica ai capi, o altri colpi di culo di questo genere - come direbbe Petrarca - no, non sono nelle mie stelle.

Con poche, piccole eccezioni.
Di cui ora vi narrerò la prima:

Quando ero al liceo, mi sono innamorata tantissimo del mio professore di inglese.
Grazie a lui anch'io - sempre sola come un cane sin dall'inizio - ho vissuto l'esperienza dei batticuori, dei sogni color di rosa, della speranza nel futuro.
Boris era molto più grande di me - e anche più alto... Svettava oltre i 2 metri. Aveva un sorriso comunicativo e incompleto, una frangia lunga e liscia che gli ricadeva continuamente sugli occhi, l'umorismo British.
Contro ogni logica, non ho smesso di pensargli fino ai tempi dell'università, quando sono andata a Londra a cercarlo, l'ho invitato fuori e... non è successo niente. Lui per la sua strada, una volta per sempre, e io per la mia.
Ma prima di quell'ultimo episodio c'era stato il penultimo.
Alla fine del liceo sono andata un paio di mesi a Londra, come ragazza au-pair.
Ebbene, appena sbarcata, appena arrivata a casa degli aguzzini cui ho lavato il cesso per giorni e giorni, appena svuotata la valigia faccio un giro per Edgware, la cittadina dove abitavo, e incontro un'altra ragazza alla pari. Facevamo amicizia molto facilmente, tutte giovinette nelle stesse condizioni, e quella - di cui non ricordo minimamente né la faccia, né il nome - subito mi fa: devo andare in centro a cercare un corso di inglese. Vieni con me allo Speak and Span Institute?
Certo, dico io.
Ed ecco che nel giro di un'oretta, appena sbarcata nella capitale dell'impero linguistico moderno, entro nella scuola di cui sopra e mi ritrovo davanti l'altissimo Boris.
Apriti cuore.

Seconda eccezione:

Qualche anno più tardi, neolaureata in lingue, cercavo un lavoro che avesse a che fare col russo.
Non so come, arrivo a fare una prova di conoscenza dell'idioma in una minuscola impresa che trafficava col Paesone che si era appena lasciato il comunismo alle spalle, in vista di un'assunzione.
Sono in un ufficetto dalle parti di via Turati, seduta di fronte a un ottuagenario alto e secco in completo nero, che sembrava appena uscito dal Canto di Natale di Dickens, giusto per rimanere in tema.
"Mi vuole tradurre la prima pagina della Pravda?", mi fa lui. E certo.
Prendo la Pravda in mano, ed è molto mal stampata. Non si vede un fico secco. Dirglielo, però, sarebbe sembrato una sciocca scusa per coprire la mia fondamentale ignoranza.
In quella, squilla un telefono in una sala accanto.
Ebenezer Scrooge si allontana per rispondere.
Io afferro la traduzione italiana con cui lui mi avrebbe controllato (se sapeva il russo, non cercava una persona per le traduzioni, è logico), e in men che non si dica leggo tutto.
Lui mette giù la cornetta. La prova ricomincia. Io, rinfrancata dalla lettura del testo nella mia lingua, vado spedita come un treno, e vinco due settimane di prova come impiegata con conoscenza di lingue.
L'esperienza in quella ditta, in seguito, è stata orribile. Ricordo che a un certo punto ricevo una telefonata, qualcuno mi chiede: "Come va?" e io, convinta di parlare con una collega, rispondo alla capa: "Mi sto davvero rompendo le scatole, quest posto è tremendo".
Perdere un lavoro forse è più facile che trovarlo - soprattutto se quel lavoro ti repelle.
Però, quella telefonata provvidenziale nel bel mezzo del colloquio, io l'ho apprezzata molto.

Terza eccezione:

Qualche giorno fa vado dalla parrucchiera sotto casa. Quella che mi piace, coi capelli rossi, tanto dolce, che vorrebbe andare a vivere al mare con un cane (e il marito, immagino).
Non devo farmi tagliare i capelli, ma voglio regalare un coupon natalizio a mia sorella.
Sbrigo tutto con la padrona del negozio, che nell'occasione è simpatica, disponibile, mi fa il coupon, il pacchettino, mi saluta mi fa gli auguri, io mi giro e me ne vo.
Esco, e quasi vado a sbattere - indovinate in chi?
Ma sì, proprio lei: mia sorella!
Che. evidentemente, è andata dalla stessa parrucchiera per la mia stessa, speculare ragione.
E scoppiamo a ridere, molto nataliziamente.

Queste sono state le mie coincidenze fortuite, nella vita.
Mi hanno fatto riincontrare un grande sogno con cui non è successo niente.
Mi hanno fatto trovare un lavoro che ricordo come un incubo.

E incontrare mia sorella dal parrucchiere.

Lei, però, a me di coupon- dono ne ha regalati tre.
E' o non è una fortuna avere una sorella così?

Buon Natale! E, naturalmente,


Buona settimana!


Silvana




(niente video, foto o canzoncine, questa volta: ve ne ho già mandati troppi su whatsapp)

lunedì 18 dicembre 2017

18 dicembre 2017 - Forse sognare

A volte siamo nervosi perché sospettiamo che il nostro commercialista sia scappato in Brasile con i soldi di tutti i suoi clienti.

A volte siamo nervosi perché il micio ci sta spaccando tutte le ceramiche ming (ne so qualcosa, anche se non ho mai avuto ming)

A volte, non capiamo il senso della vita. E questo ci rende molto, molto nervosi!
Chissà chi siamo, da dove veniamo, e dove andremo a finire un giorno...

Io in questi giorni sono incredibilmente irritabile.
Per scaricarmi, quando sono da sola a casa, mi faccio gli psicodrammi per sfogarmi e urlo con i colleghi, i familiari, gli utenti della biblioteca.
Chissà cosa pensano i vicini.

La causa è molto semplice, ed è da cercarsi in un fattore fisico e banale.
A volte noi pensiamo all'influenza degli angeli e dei diavoli sulla nostra vita, mentre invece abbiamo semplicemente l'intestino pigro...

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L'avete letto? Io no!

Io non ho problemi intestinali - almeno quelli! - ma da qualche mese non riesco più a dormire.
Sono fortunata se mi sveglio alle 3. L'altra notte, invece, mi sono svegliata all'una e mezzo. 
E non è affatto bello.

Quindi, visto che ho difficoltà sempre più grandi a formulare pensieri complessi, e sempre meno forze per esprimerli in forma verbale, pescherò in rete per voi del bel materiale sul sonno, e spero che vi piacia.

Se non vi piace e vi fa dormire, tanto meglio!

1) Il caro vecchio Walt:


2) Ah, quanto li invidio!


3) Un classico:


4) Un giallo:

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L'ho letto: mica male!

5) Anche la Titina ci ha messo del suo, da piccola...


6) Un artista molto onirico...

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Però quel suo occhio è sempre aperto! Odilon Redon, secondo me, aveva il mio stesso problema.

7) Un classico che cantava spesso mia cugina Fulvia, e quindi mi ricorda la mia infanzia sul Lago d'Iseo, coi parenti dall'accento strano:


8) Una ninna-nanna (forse) cantata da una grande artista, che purtroppo ci ha lasciato qualche anno fa.


9) "The machinist", con Christian Bale: in italiano si intitola L'uomo senza sonno.
Così finirò io, se non dormo più...


10) Il classico più classico di tutti:


Dormire... Forse sognare...

Come diceva Shakespeare: Se la gente dormiva bene c'erano meno suicidi!



Buona settimana!


E buonanotte a me.


Silvana

lunedì 11 dicembre 2017

11 dicembre 2017 - Una prece

In questo freddo, in questa pioggia e neve, col mal di denti, la scarsa giovialità serpeggiante, e tutte le variabili moleste che si mettono di mezzo, io oggi mi limito a cantare le lodi di due preziose amiche che oggi mi hanno lasciata.

Con loro attraversato la Galizia, da Tui a Santiago di Compostela, lungo il mitico Cammino.


Dal film La Via Lattea, di L. Bunuel

Grazie a loro si è operato il miracolo, e in tanti chilometri non mi è mai venuta nemmeno una verruca.

Con loro ho attraversato il parco dopo la tormenta, avanti e indietro per anni, tra la biblioteca e casa, rimanendo sempre calda e asciutta.

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Oggi, però, ho avvertito sotto di me un cedimento, lungo la strada.
Così ho capito che le mie amiche mi avevano lasciato.

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Un saluto a loro, che si sono rivelate un acquisto così buono.
Non so se riuscirò mai a trovare delle altre scarpe da trekking altrettanto miracolose.

Un caro pensiero e un ringraziamento a tutti gli oggetti, che ci rendono la vita meno difficile da che mondo è mondo, giacché abbiamo il pollice opponibile e il piede camminante.

Dalla pietra focaia all'ultimo smartphone, voi che dormite nelle discariche della terra, in attesa di rimescolarvi - forse - in nuove realtà, per voi una prece, o cose.


Buona settimana!


Silvana



lunedì 4 dicembre 2017

4 dicembre 2017 - Pensieri sparsi sulle strade del mondo

Un giorno sentii dire: "Tizio in fondo è una persona normale. Ha la patente e guida!"

Io non ho la patente - o, per essere più precisi, l'ho lasciata scadere dopo averla fatta, senza averla usata mai - e non guido.

Mi ha raccontato la mia amica Marie: "A scuola una compagna mi disse: 'Tu sei una che si farà portare, in auto". Allora, mi ci sono messa d'impegno e ho preso la patente. Adesso, guido dappertutto".
Posso testimoniare che è vero: mi ha accompagnato su e giù per le Alpi Marittime.

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Immaginate la macchinina di Marie che si sposta lungo tutte quelle belle righe colorate!

La trasportata, insomma, sono stata io.

Sempre Marie mi dice: "Ho amiche che temono di poter ammazzare qualcuno, se si mettono al volante. Io penso invece che sia una scelta da adulto prendersi la responsabilità di guidare un'auto, e rendersi indipendenti quando si vuole andare di qua e di là".


Io che mi ero sempre consolata del non saper guidare proprio pensando che così, per lo meno, non posso causare danni a terzi!
Perché lo spiego una volta per tutte: io non ho il senso dell'orientamento. Non so leggere le carte geografiche. Non ho il senso degli spazi e dei volumi. Non riesco a fare due cose contemporaneamente. Non so rimanere concentrata. Ma, soprattutto, le poche volte che mi sono messa al volante, mi ha preso il panico, e purtroppo quando sono in preda al panico io non ho reazioni adrenaliniche. Piuttosto, cado in catatonia, e non vedo e non sento più nulla.

Ma è vero che forse avrei dovuto ignorare tutto questo, e prendermi delle responsabilità da adulta.
Avrei così evitato, ad esempio, quello che mi è successo martedì scorso.

E' da qualche mese, ormai, che frequento un coro di Milano.
Non lo trovo facile. I pezzi sono complicati. Anche tanto




(Un esempio di complicazione)

E uscire di casa la sera verso le sette, col freddo, sapendo che potrò essere di ritorno solo verso la mezzanotte, mi richiede sacrificio mentale e sforzo fisico.
Anche perché la sede è relativamente lontana.

Per andare non c'è problema.
Vivere in una città, per chi non guida, fino a una certa ora non è proibitivo. Ci sono i bus, i tram, le metropolitane.

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Per tornare, c'è problema.
L'esperienza mi dice che la mia città, col buio, non è sicura.
Fino ad ora, ho chiesto a due signori che abitano nella mia zona di accompagnarmi a casa.

Il primo, con l'andar dei martedì, mi ha mollato sempre più lontano da dove abito, per far più svelto.  Il traffico, a mezzanotte meno un quarto, si sa, è proibitivo per tutti.
Il secondo, dopo una o due volte, mi ha rimpallato al primo.
Questo primo, martedì scorso mi ha fatto scendere dalla sua auto a 500 metri dal mio portone.

D'altronde, perché la gente dovrebbe essere tenuta a essere gentile con me?
Oppure, gentile in generale?
Mica c'è una legge scritta.

Io so fare diverse cose.
Canticchio, faccio ceramiche, faccio torte, ho imparato qualche lingua.
Scribacchiavo.
Ma questo conta poco: mi caratterizza molto di più questa cosa che non so fare: guidare.

E dunque: non posso andare al coro perché è troppo pericoloso?
E' molto semplice: rinuncio, come ho rinunciato a molto altro, consapevolmente o no.

Una rinuncia dopo l'altra, finirà che mi ritirerò a vivere nella mia grotta personale, isolata dal consesso degli umani.
D'altronde, vivere in campagna è sempre stato il mio sogno.

Ma si può vivere in campagna, se non si sa guidare?



Non saprei...


Buona settimana!


Silvana


lunedì 27 novembre 2017

27 novembre 2017 - Routine e antiroutine

Diceva qualcuno: se non puoi essere felice, per lo meno fatti delle abitudini.

La mia abitudine del mattino è giocare con Titina.

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Sempre lei

Al mattino io per la Titina esisto molto. Per la mia gatta, rappresento ancora una fisicità con cui relazionarsi. 
Se dormo ma lei mi vuole sveglia, perché ha fame o perché si sente sola, mi mette una zampa sul naso. Poi mi passeggia addosso. A volte si accoccola sulla mia schiena, o sul fianco, dove c'è l'avvallamento della vita. E poi, gioca coi miei piedi sotto le coperte. Questo non è sempre piacevole, perché la Titina si lascia tagliare le unghie piuttosto di rado.
Un modo un po' agrodolce di iniziare la giornata, insomma.

L'abitudine della sera è guardare LOL su Rai4.


Non a tutti piacciono, le comiche canadesi.
Chissà, forse è vero che riassumano il peggio dello spirito anglosassone e di quello latino: il nonsense più spinto unito a una vaga cialtroneria.
A me non importa: con LOL torno ad essere la ragazzina di terza media che spara un sacco di cazzate coi compagni di scuola, e si sganascia dal ridere.
E poi, il tipo con le gambe lunghe lunghe e la dentatura disastrata è tanto carino...
Quindi, non si scappa: se qualche sera non riesco a vedere le comiche canadesi in diretta, me le rivedo il giorno dopo su raiplay.

Ho anche altre routine, ma sono meno interessanti.
In certi periodi, ad esempio, dico tante parolacce quando mi cadono le cose dalle mani, o quando perdo la metropolitana, o altre sciocchezze del genere. 


Mi sembra di sopportarle meglio.

D'altronde, le routine sono routine perché ogni tanto qualcosa le interrompe.

Ad esempio, alla fine di ottobre un'automobilista mi ha tagliato la strada mentre andavo al lavoro, e sono finita al Pronto Soccorso per un piccolo colpo di frusta.
Non immaginavo che si potesse prendere il colpo di frusta in bicicletta.
Adesso lo so.

Poi, martedì scorso sono di nuovo andata in ospedale perché sentivo delle fitte al petto, ma lì hanno appurato trattarsi di semplici dolori intercostali.


Un paio di mattine più tardi, vado in biblioteca e trovo il parco invaso da polizia, ambulanze e curiosi.
Probabilmente lo avete già saputo: una donna è stata barbaramente assassinata mentre portava a spasso il cagnolino.

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Non mi dilungherò su questo fatto di cronaca nera. In tanti ne hanno già parlato.
Solo, la sera dopo il delitto guardavo le comiche canadesi, e mi chiedevo se magari anche quella signora non avesse avuto la stessa mia abitudine, interrotta in modo così assurdo e violento.

E pensavo ai libri gialli custoditi a pochi metri dal luogo in cui è stata ritrovata, quel mattino.
Tutte storie che ci deliziano sulla carta, e ci lasciano orripilati nella realtà.

Diceva l'insegnante di un corso di scrittura creativa che ho seguito tanti anni fa: "Per prima cosa, dovete raccontare qualcosa d'interessante. Chi perde tempo a leggere che siete andati a comperare il pane?".

Però a questo punto mi chiedo : è davvero così auspicabile l'antiroutine? Così affascinante?

E ancora: forse vuol dire questo, invecchiare. 
Essere consapevoli che se succede qualcosa che spezza le tue abitudini, tendenzialmente non sarà l'incontro romantico, la vincita al lotto, l'improvviso invito ad una bella festa.

D'altronde, saper apprezzare le routine piacevoli e divertenti è anche frutto di saggezza .

Ad esempio: spesso mi pesa mandare questa mail del lunedì.
Ma in fondo, quanto mi piace parlare con voi in questo spazio che è soltanto mio!
Quindi, vi auguro:


Buona settimana!


Silvana


lunedì 20 novembre 2017

20 novembre 2017 - Sempre la stessa foto

I posti belli, per me, sono quelli che mi permettono di viaggiare nel tempo, oltre che nello spazio.
Tipicamente, nelle città antiche, quando vedo una via che s'incurva, parto per una tangente, come se fossi in una capsula da fantascienza.

Quando ho incontrato il cagnetto Paolino al parco, l'estate scorsa, uno dei pensionati che hanno aspettato i vigili insieme a me mi raccontava, per intrattenermi, che lui in quella zona c'era nato, e che una volta lì non si trovava un parco ben curato, ma una campagna qualsiasi.

Io, passando per quei cinquecento metri a novanta gradi, che prima raggiungono il fosso, e poi lo costeggiano, penso sempre ai contadini  che abitavano lì, nelle cascine - quelle che hanno buttato giù per costruire il nuovo condominio "Gli aironi", e quelle che ancora sopravvivono, un po' più in là.
Mi immagino il mezzadro che esce nel campo, nelle mattine d'inverno, e fa la pipì contro un muro.
Mi chiedo se si sia guardato intorno per ammirare la bellezza che lo circondava, soprattutto quando splendeva il sole, e c'era la brina. Perché secondo me, quando fa bello, la stagione fredda è persino meglio di quella calda.
Io credo di sì, che si sia guardato intorno.
La bellezza è di tutti, per tutti.

Così io, che passo per una persona strana, quando vedo una cosa che mi colpisce tiro fuori la mia piccola macchina fotografica e scatto una foto.

Quei cinquecento metri di parco continuano a stupirmi.
Continuano a stupirmi nelle stagioni, per i colori, le erbe, gli animali, le luci, il cielo, le acque, i rami le foglie le bacche e tutto il resto.

Mi chiedo spesso se la foto che sto scattando non l'abbia già scattata.
Probabilmente l'ho già scattata.
E la giornata che ho vissuto ieri l'ho già vissuta molte volte.

Forse dovrei smettere, per questo?



























Me lo chiedo.


Buona settimana!


Silvana​

lunedì 13 novembre 2017

13 novembre 2017 - L'inverno, all'inizio

Una delle caratteristiche che con maggiore evidenza mi colpisce del mondo - sia esso animale, vegetale, ma magari anche minerale - è l'ineluttabile, soverchiante desiderio di esistere.
Pur di poter godere del proprio tempo sotto il cielo, le piante nascono e prosperano in condizioni estreme e degradanti. Magari in fondo ai tombini.

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Gli spermatozoi, che pure non hanno braccia, sembrano fare a cazzotti con i propri antagonisti.


Gli orsi uccidono i cuccioli delle femmine per essere liberi di ingravidarle di nuovo ed assicurarsi in questo modo una propria discendenza nel futuro.
E così via.

Mi torna in mente un brano dell'Odissea che ai tempi del liceo mi aveva molto colpito: quello in cui Ulisse, incontrato Achille nell'Ade, magnifica la sua gloria sugli Inferi, ma Achille gli risponde:

«Non abbellirmi, illustre Odisseo, la morte! Vorrei da bracciante servire un altro uomo, un uomo senza podere che non ha molta roba; piuttosto che dominare tra tutti i morti defunti».
( Omero, Odissea canto XI - Dal sito opere.loescher.it )

Qui, in lingua quasi originale


Sempre del liceo, ricordo l'abitudine che avevamo di lasciarci messaggi e pensieri tra compagne di classe, sulle agende.
Questo mi aveva scritto Maria Grazia Riccoboni, esattamente 35 anni fa:

"Carino l'inverno, all'inizio. Dolce. Gli alberi di un bel colore, non felice ma sicuro, il primo freddo e la gioia di coprirsi, di stare al calduccio mentre fuori fa freddo, di essere un'isola serena immersa in qualcosa che dovrebbe essere triste, angoscioso. La nebbia, l'umidità, rientrare in casa col naso ghiacciato, camminare con le mani in fondo alle tasche, le braccia strette accanto al corpo, quasi raggomitolate per difendersi da questo freddo che non ti attacca ma ti avvolge, ti protegge. Sorridere a tutto e a niente, anche se ti viene freddo ai denti. Guardare i fanali gialli delle macchine che attraversano la nebbia. E poi è l'inizio, tutto è aperto, bianco, e sicuramente il futuro è stupendo. Non hai ancora errori da rimediare, o, peggio, errori che non puoi rimediare. Ogni momento va ancora vissuto, e sei sicuro che lo vivrai bene, nel modo giusto. Vorrei che il mondo si fermasse nel mese di Novembre, anzi Dicembre. C'è anche Natale, è ancora più felice. Pensare cosa regalerai a chi, anche se poi farai un decimo dei regali che vorresti (se non altro per mancanza di fondi), e allora escogiti un modo per fare qualcosa di gradito a tutti. Magari non riuscirai neanche in questo, ma sarà bello lo stesso. E la sorpresa di un regalo da una persona da cui proprio non te l'aspettavi, o magari anche solo di un biglietto. insomma, è perfetto. Poi arriva l'estate, bella divertente, quasi una liberazione, qualcosa di leggero dopo tanti mesi che ormai ti hanno appesantito con tutti i problemi risolti e no, on tutte le delusioni. Ma l'estate è falsa e bugiarda, è troppo bella per essere vera, sembra perfetta e nasconde insidie. Ed è anche un po' stupida, tutto sommato, con quella sua aria sbarazzina che nasconde il temporale. Ti sembra spensierata, ma poi i problemi ti restano, te li fa solo dimenticare, e poi ritrovare. ti fa vedere tutto d'oro, ma poi ti frega. 
(Chissà se a giugno la penserò ancora così! Spero di no! Ma io all'inizio delle stagioni sono sempre felice e ottimista!!)

Ciao"

Col messaggio di oggi voglio ricordare Maria Grazia, morta a ventiquattro anni al ritorno dal suo primo viaggio di lavoro in Germania.

Lei che era la più bella, la più brillante, la più popolare e amata da tutti.
Quella cui la natura aveva profuso i suoi doni, finché fu in vita, forse per compensare la sorte, che l'avrebbe portata via al mondo così presto, all'inizio dell'età adulta.

Col messaggio di oggi voglio ridare voce a lei, che da tanti anni non parla più.


Buona settimana!


Silvana


lunedì 6 novembre 2017

6 novembre 2017 - Atti contro natura

Proponevo a una conoscente, qualche anno fa, di fare un viaggio in Germania con me.
"No grazie," mi ha risposto. "La Germania non mi emoziona. In vacanza, di gran lunga più volentieri vado in Francia".

Come darle torto.
Io, se mi avessero chiesto prima di nascere dove volessi vedere la luce, certamente avrei scelto di nascere francese. Il giusto medio tra familiarità, emozione e progresso.

Infatti, la Spagna abbaglia e dà l'euforia, ma temo che a viverci stabilmente possa rivelarsi un Paese troppo simile al nostro.
La Germania, per contro, offre la ragionevolezza e il benessere che in Italia latitano. Ma i tedeschi sono molto diversi da noi, impossibile negarlo.
La Francia, invece, dicono sia abitata da nostri cugini.
Inoltre, è una nazione più civile della nostra, che segue, sovvenziona e aiuta i cittadini nella vita quotidiana.

Quanto al frisson d'emozione che può offrire a chi le si accosta, do solo qualche esempio molto personale, e allora citerò la bellezza della lingua, che sono riuscita a imparare da sola quando ancora avevo memoria;


e la letteratura, da Simenon a Manchette alla Ernaux all'infinito, e il cinema, 


Parigi, la Provenza d'inverno, la Rivoluzione e il Terrore e la Belle Epoque,


i 365 formaggi, la galette des Rois, 


la mia amica Marie e chi più ne ha più ne metta.

E anche se la Francia è l'unico paese dove più volte i passanti e i vicini al ristorante abbiano apertamente riso di me, c'è una certezza che mi fa star meglio, un pensiero che mi rassicura, radicato in questa terra, e cioè che qui, nella capitale come in provincia, in città come in campagna, sui monti, in riva al mare, in riva ai laghi e ai fiumi 

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ci sono tante persone che se ne fregano altamente di Marie Kondo e del magico potere del riordino,

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A morte!

e coltivano nelle proprie bellissime case la più completa tolleranza nei confronti dell'accumularsi di libri, ceramiche, film, souvenir di viaggi, fotografie, ricette, fumetti, e insomma ogni sorta di oggetti belli e affezionati, o anche brutti ma sempre affezionati, e non permettono a nessuno di venire a dirgli cosa debbano buttare, a cosa debbano rinunciare, e stanno molto bene così.

Quindi, merci la France, so che Oltralpe io sarei più tollerata - da quelli almeno che non ridono di me.
Anzi, che dico tollerata: sarei, e basta.

Qui, invece, di tanto in tanto mi sento in dovere di sgomberare qualcosa.

Libri che stanno per lasciare casa mia
Un atto contro natura.


Buona settimana