lunedì 8 maggio 2017

8 maggio 2017 - Sogni

Dall'inizio dell'anno ho una nuova tradizione personale: se passo una giornata in qualche modo bella, priva di patemi e angosce, a suo modo speciale - di quelle che il poeta Catullo avrebbe definito "lux candidiore nota" - io ne conservo il fogliolino dal calendario a strappo e lo infilo in bocca a uno delle mie due guardie anti-incubo (sul blog, un giorno, ne potrete vedere la foto. Attendere con pazienza).
Per ora, ne ho collezionati uno per mese.

Il fogliolino di marzo si riferisce non a una giornata, ma a una nottata. A un sogno che ho fatto, particolarmente bello.

Inline image 1
Odilon Redon: Yeux clos (da Google Images)

Col passare del tempo i particolari mi passano di mente, ricordo però che qualcuno mi diceva, e me lo diceva col chiaro intento di insegnarmi qualcosa per sempre, perché mi rimanesse in mente anche durante la veglia, dunque mi diceva: "In qualsiasi stanza tu possa entrare, c'è qualcuno che ti vuole bene". E io ho pensato - non so se ancora nel sogno, o appena sveglia - che questo qualcuno che mi voleva bene fosse uno spirito, un'anima dei trapassati, che secondo quelli dotati di vista ultraterrena ci circondano sempre e ovunque. Con grande probabilità mio padre. E ho pensato, per qualche motivo irrazionale, o forse semplicemente perché di carenze affettive io sono ricca e il bisogno di compensarle si fa sentire sempre più forte, ho pensato che questo che mi veniva detto in sogno fosse vero. 
E ne ho provato gioia.

Di sogni che mi portassero gioia, nella vita, ne ho fatti all'incirca due o tre.
Altri sono stati a loro modo ugualmente interessanti. Spesso, accostabili tra loro per una qualche caratteristica comune.

Così, mi è accaduto diversi anni fa, mentre dormivo accanto a una persona che mi faceva sentire tranquilla e serena (così credevo io, nella mia pia illusione), di sognare un altro fidanzato di molto tempo prima, che mi faceva sentire elettrizzata ed entusiasta e frenetica.
Al paragone, la tranquillità del momento mi era sembrato uno stato inferiore della mia qualità di vita, della mia felicità, e di conseguenza mi ero sentita triste e in colpa.

Pochi giorni fa, invece, ho sognato quest'altro compagno e la serenità e il senso di appartenenza che mi faceva sentire.
A confronto con la sensazione di solitudine e l'abbandono che mi accompagnano al presente, un'altra volta, ho potuto provare una volta di più che la mia qualità di vita ha raggiunto uno stadio inferiore.

Riflettere su questo doppio crollo verso il basso, però, mi ha reso consapevole che un domani, malata, potrei sognarmi sana, come credo di essere adesso, e di nuovo proverei l'esperienza dell'inesorabile peggiorare della qualità della mia vita.

E poi, nessuno ci dice che non si sogni anche da morti.
Forse, da morti sogniamo tutto il tempo di essere vivi - magari anche malati ma vivi, così che eternamente abbiamo la sensazione dell'ultimo, estremo peggioramento del nostro stato.
Non possiamo saperlo.

Quando ero giovane, una delle mie opere letterarie preferite era Waiting for Godot di Samuel Beckett.
Una delle "gag" che si ripetevano regolarmente, nel corso del dramma, era Vladimiro che insultava Estragone - forse addirittura lo picchiava, non ricordo - perché Estragone si incaponiva a voler raccontare i propri sogni.

Anche voi vorreste insultarmi? Forse anche picchiarmi?
Pazienza.
A voi va comunque il mio più sincero augurio:

Buona settimana!


Silvana





Nessun commento:

Posta un commento