lunedì 9 ottobre 2017

9 ottobre 2017 - Ricordo d'estate

Ricordo che l'estate scorsa, un giorno, attraversai la piazza della stazione a Francoforte, e nel vedere il monumento che la sovrasta

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pensai: Ecco, sì, quello senza dubbio è il monumento alla pesantezza della convivenza.

Abitavo da Manuela Trenen (nome fittizio), 

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Eccola qui

che avevo conosciuto l'anno prima, avendo affittato presso di lei una stanza per due settimane, in occasione del precedente corso di tedesco.
In quell'occasione ci eravamo trovate molto bene, io con lei e lei con me.
Manuela abbandonava soldi contanti in giro per la casa, senza dubitare che io glieli facessi sparire. E io non glieli facevo sparire.
Non ci capivamo perfettamente, perché la mia predisposizione per il tedesco rimarrà per sempre scarsa - e la sua per le lingue in genere pure, ne sono sicura - ma un giorno Manuela mi disse (credo): Cosa importa se non capiamo quello che ci diciamo? L'intesa fra noi va oltre le parole.
E io pensai che una cosa bella così non me l'aveva detta ancora nessuno.

L'inverno seguente, io vissi con la certezza di avere un'amica in Germania.
Ecco perché sono tornata da lei, a giugno.

A giugno, però, ho dovuto verificare che qualcosa era cambiato.
Ad esempio, una mattina molto presto stavo facendo colazione da sola in cucinino.
Manuela ha fatto irruzione all'improvviso, come una furia semiaddormentata, per afferrare la borsa che aveva abbandonato su una sedia lì vicino, la notte prima, e poi sparire di nuovo nella sua stanza portandola in salvo. Come se temesse che io potessi frugare e rubarle qualcosa.
Oppure, una sera che siamo uscite a berci una birra, poco prima che io tornassi a Milano, ho cercato di illustrarle in tedesco un pensiero un po' strutturato sulla valigia che avevo terminato di preparare. Non avendomi capito, gliel'ho ripetuto in italiano. E lei mi fa: "Non vorrei deprimerti, ma ti capisco molto meglio quando parli la tua lingua" (sottintendendo con questo che il mio tedesco è davvero pessimo, visto che il suo italiano lo era altrettanto).

Qualche settimana fa ho scritto qualcosa sulla bellezza, affermando che la cosa migliore è lasciar perdere quello che pensano gli altri, e sentirsi sempre e comunque bellissimi, perché in ogni caso, almeno in prospettiva, lo siamo.

Penso lo stesso per quanto riguarda l'idea che gli altri ci rimandano, sul nostro valore assoluto.

Tornando al mio esempio, io dico: ho fatto qualcosa di speciale per meritare che Manuela, nel 2016, dopo 10 minuti che mi aveva conosciuto, mi dichiarasse: Sono così contenta che sia arrivata tu qui da me, a casa mia...
In effetti, no.

Ho fatto qualcosa perché nel 2017 mi guardasse con aria interdetta, senza osare dire niente (tanto non l'avrei capita) dopo ogni mio atto: se facevo delle foto, se mi compravo una canotta, se non mangiavo il gelato tedesco, sempre mi osservava a lungo con volto privo di espressione, che certamente presso altri meno verbalmente reticenti sarebbe stata all'incirca: "Sei proprio sicura? Ma a te come salta in mente di comportarti così? Ma non lo capisci che sei subnormale?"
No, nel 2017 non ho fatto niente per meritarmi questo.
Io ero la stessa persona dell'anno precedente.
Lo sono ancora adesso.

Quindi: non occupiamoci di quello che gli altri ci proiettano addosso.
Sono fatti loro. Non ne siamo responsabili.
Dobbiamo vivere una vita degna a prescindere, per essere contenti di noi stessi sempre e in ogni caso.

L'importante è conoscere un numero abbastanza alto di persone: statisticamente, qualcuno che ci stima dovremmo riuscire a incontrarlo anche noi.


Sono cose banali, lo so.
Non c'è poi bisogno che vi mandi una mail il lunedì per predicarvele.

Il fatto è che quando scrivo di un qualsiasi episodio, o pensiero, o ricordo, in genere lo cancello dalla mia mente.
E Manuela io desidero davvero dimenticarla.

Fuer immer.




Buona settimana!

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