lunedì 12 febbraio 2018

12 febbraio 2018 - Gesti

Io non capisco il gergo dei critici d'arte.

Come tutti gli idiomi delle congregazioni e delle sette, talvolta mi pare fatto più per escludere gli altri che per trasmettere senso.
Riesco magari a intuire un messaggio, piuttosto che comprenderlo, come se la critica stessa fosse in sé un'opera d'arte (non necessariamente bella).
E uno dei termini che la mia mente non arriva a toccare fino ai suoi lontani limiti è "gesto".

Cosa si intende con "il gesto" di un pittore? Forse il senso della pennellata? L'energia che comunica con la sua opera, riflesso della propria concezione del mondo? La fisicità del'esecuzione?
Bho.

Paradossalmente,  a intravedere il significato di questo termine mi aiutano le tele di Fontana.

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Immagine da Google

Le tele di Fontana, si sa, si collocano alla fine di una lunghissima evoluzione del linguaggio pittorico.
Non è obbligatorio apprezzarle. Non è necessario capirle. Tutto, nell'arte contemporanea, è altamente soggettivo.
Qui, dico solo che il gesto di Fontana mi pare didattico.
Di per sé, è facile da capire.
Zac zac zac!
Un bel gesto artistico deciso.

Provo più interesse per i gesti di tutti i giorni.
Quelli che caratterizzano ciascuno di noi, e si fissano nella memoria come frecce.
Mia madre, ad esempio, ha raccontato un gesto di suo padre, che lei ha perso ancora bambina.
Nella nebbia dei ricordi, lo rivede seduto in compagnia di amici e familiari, la sera, accanto al fuoco del camino, che ride e guarda di lato, abbassando la mano verso terra.
Un gesto di un altro secolo, tipico di una persona che non ho mai conosciuto, ma che grazie alle parole di mia madre, e all'amore che lei provava per il nonno, si è fissato anche nella memoria mia.

Mia madre, invece, quando parla si porta la mano a coprire la bocca.
Un gesto che trovo civettuolo, e paradossalmente, perché mia madre è la persona più estranea della terra a ogni forma di civetteria e alle astuzie della seduzione.
Timidezza elegante? Affettazione da geisha?
Niente di tutto questo.
Mia madre è molto insicura di sé. Non vuole mostrare i suoi denti.
E con questo suo gesto, in cui la vedo inerme, e insieme piena di rispetto per gli altri, e tante altre cose ancora, mi straccia il cuore dalla tenerezza.

Mio padre, poi, quando rifletteva stringeva i denti.
Gli vedevo un muscolo della guancia vibrare ritmicamente.

Una vita fa la mia amica di infanzia, quando in occasione di uno sciopero mi disse che voleva comunque andare al lavoro, ribatté alla mia domanda "E se ti dicono che sei una crumira?" con queste parole: "Risponderò 'Sì, sono una biscottona!', mentre piegava la testa sulla spalla con fare civettuolo - questa volta sì - e ironico.
Ho riso tanto.

L'unico ragazzo che si sia dichiarato innamorato di me mi stava a guardare mentre sbucciavo le mele.
Gli piaceva come ne intaccavo la scorza con un colpo deciso del coltello, prima di ricavarne un serpente inspiralato.
Magari se lo ricorda ancora adesso. O forse no.


La Mizzi, la mia gattina amatissima che è morta un anno e mezzo fa, aveva un suo modo di corteggiare le porte chiuse, buttandosi a terra e scalciando con le zampe di dietro, mentre infilava quelle davanti nello spiraglio, come se volesse blandirle col senso dell'umorismo.
Anche quando scappava davanti a me, per gioco, faceva uno strano balletto con le zampe di dietro. 
Non ho visto nessun altro gatto fare così.

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E ricordo che la Titina, quando me l'hanno portata a casa, e per la primissima volta è rimasta sola con me, seduta a un'estremità del letto, mentre io ero stesa sull'altra, mi ha guardato e poi si è alzata di scatto facendo le fusa, per venirmi vicina.
Un gesto come una promessa, che fino ad ora nessuna delle due ha spezzato.

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Anche se la Titina, molti miei amici lo sanno, per tanto tempo mi ha fatto letteralmente ammattire.
Ad esempio, spaccandomi le ceramiche di casa.

Chissà cosa voleva dire, con quei gestacci...


Buona settimana!


Silvana


https://www.youtube.com/watch?v=BoLxwttnJzQ

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